L’immagine più diffusa nel mondo della città di Gerusalemme è senza dubbio la Moschea della Roccia, un’architettura islamica di grande bellezza, situata in uno dei punti più alti della città vecchia, sulla spianata delle mosche che sovrasta il kotel, comunemente conosciuto come muro del pianto e a pochi metri di distanza dal Santo Sepolcro. La moschea della Roccia, il muro del pianto e il Santo Sepolcro, rappresentano i luoghi di preghiera più importanti delle tre grandi religioni monoteiste, l’islam, l’ebraismo e il cristianesimo, presenti a Gerusalemme rendendo unica al mondo questa città, patrimonio unico per l’umanità.
Ma questa immagine di Gerusalemme, la città santa, la città delle tre grandi religioni che vivono e coesistono, rischia di subire un radicale cambiamento dopo che è stato annunciato l’atteso “Accordo del secolo” per una soluzione di pace tra israeliani e palestinesi. Come tutti, ho seguito con attenzione e molta preoccupazione, l’atteso discorso, ricordando l’immagine di Clinton, allora presidente degli Stati Uniti, che ha avuto il ruolo di mediatore tra Rabin e Arafat nell’Accordo di Oslo. Un accordo che aveva aperto tutti alla speranza di un futuro e di una pace possibile, la popolazione palestinese e gli israeliani erano scesi per le strade per festeggiare auspicando ad una nuova vita. Ma questa volta, l’immagine è diversa poichè l’accordo è stato studiato e proposto solo dal presidente Trump, quindi dall’America con Israele. In genere per fare un accordo ci devono essere le due parti, sarebbe stato meglio vedere Abu Mazen e Netanyahu a confronto. Una domanda sorge spontanea: dove è finita la comunità internazionale? Questo accordo era molto atteso dal popolo palestinese quanto dalla popolazione israeliana, entrambi vogliono vivere nella pace e nella tranquillità, ma quando è stato annunciato, non sono scesi per le strade a festeggiare come avvenne dopo l’accordo di Oslo, bensì sono scesi nelle piazze per protestare sia i palestinesi e parte degli israeliani.
Il popolo palestinese ha subito una forte umiliazione, non merita di essere trattato in questo modo, non sono statuine in una mappa geografica da muovere, come in un gioco, c’è la storia della vita di tanta gente, fatta di sacrifici e delusioni quotidiane, c’è una nuova generazione che spera di poter vivere il loro futuro in questa terra, e di mantenere vive le loro tradizioni e la loro cultura, tenendo presente che ormai milioni di palestinesi vivono nella diaspora. Ma da parte dell’America e di Israele, c’è stato anche un grave errore diplomatico, nella mancanza di rispetto nei confronti dell’anziano Presidente della Palestina, Abu Mazen, un uomo che durante tutti questi anni della sua presidenza ha lavorato per la pace tra i due popoli, ha cercato di infondere sempre una giusta speranza alla popolazione, nonostante i numerosi problemi sociali ed economici, egli è stato l’artefice degli accordi di Oslo, incentivando sempre ad un processo di pace e di dialogo, ora sicuramente si sentira’ ingannato, deluso e tradito anche dalla comunità internazionale, ormai assente. Credo che per raggiungere ad un vero accordo tra Israele e Palestina, si debba creare un coinvolgimento della comunità internazionale, e l’America come potenza più importante al mondo, potrebbe essere al vertice di un nuovo capitolo del trattato di pace, condiviso e studiato da tutti.
Ma la questione più importante rimane Gerusalemme! Risuonano forti le parole del presidente Abu Mazen : “Gerusalemme non è da vendere” dopo aver saputo che l’accordo prevede Gerusalemme capitale indivisibile del popolo ebraico.Tutto il mondo arabo è preoccupato, e tutti noi che viviamo a Gerusalemme siamo preoccupati, perchè una risoluzione del genere potrebbe scatenare i fanatici estremisti dell’Isis, che in questi ultimi anni hanno devastato il medioriente. Ritengo che non sia possibile pensare a nessuno accordo se prima non si riparte da Gerusalemme; tutti devono comprendere che non può appartenere a nessuno, tranne che all’umanità intera, deve essere una città aperta, con uno statuto speciale internazionale, affinchè possa continuare ad essere il nervo principale dell’umanità, non possiamo paragonarla a nessuna città al mondo, va trattata nella consapevolezza che è la città di Dio, così come lungo questi millenni l’hanno esaltata i profeti, i grandi rabbini, così come Gesù ha pianto su di essa, e i musulmani la sentono Santa, così come San Giovanni Paolo amava ricordare sempre che “se ci sarà pace su Gerusalemme, ci sarà pace nel mondo.” Nel mio ufficio ho un quadro, realizzato da un pittore ebreo brasiliano, che raffigura Gerusalemme, come una città in festa, una città aperta, dove il cristiano l’ebreo il musulmano passeggiano insieme, dove tutti i popoli con strumenti musicali e danze esprimono la loro gioia di essere insieme nella santa città: è una vera festa! Tutti noi ci dobbiamo sentire coinvolti a continuare questa festa a farsi che si realizzi. Questo è il sogno che dovremmo avere tutti, vedere Gerusalemme in festa! Rimarrà un sogno?
di frate Ibrahim Faltas