Vuoto a rendere per pulire la Terra

L’imbottigliamento in vetro consente di eliminare questo tipo di rifiuto del 96%

© lapresse -Tolga Akmen / Anadolu
Latte

CASERTA – Una rivoluzione che arriva da un passato lontano. La diffusione della plastica nella vita quotidiana della popolazione mondiale risale a molti decenni fa. Inventata nella seconda metà dell’Ottocento, nel secondo dopoguerra la plastica ebbe grande successo nella produzione di fibre tessili artificiali. Il suo ingresso nel mondo dell’imballaggio alimentare risale al 1973, quando Nathaniel Wyeth brevettò la bottiglia in Pet come contenitore per le bevande gassate. Leggera, resistente agli urti e trasparente, la bottiglia inventata da Wyet negli anni è diventata il must per il confezionamento delle acque minerali e delle bibite. La diffusione della plastica, se inizialmente è stata accolta come un’innovazione vantaggiosa per il pianeta, negli anni ha dimostrato la sua fragilità. L’uso, o meglio l’abuso, della plastica crea enormi problemi per l’ecosistema. Bottigliette, contenitori e tessuti sintetici una volta usati finiscono nella pattumiera e vanno smaltiti. Solo una piccola parte viene riciclata, il resto finisce in discarica o, peggio ancora in sversamenti incontrollati che devastano suoli ed oceani. E non bastano le pulizie straordinarie dei litorali, per liberare il pianeta bisogna partire dalla fonte, e ridurre l’impiego dei derivati del petrolio, che impiegano secoli per degradarsi e scomparire.

L’IMPATTO DELLA PLASTICA

Nel 2014 sono stati imbottigliati in Italia 12,5 miliardi di litri di acqua minerale (di cui circa il 81% in contenitori di Pet e il rimanente 19% in vetro e poliaccoppiato. Una cifra enorme che ha richiesto la produzione di circa 330mila tonnellate di Pet, che richiedono il consumo di 650mila tonnellate di petrolio e di 6 miliardi di litri di acqua. Ma questo in realtà è solo una piccola parte se consideriamo anche la plastica prodotta per il confezionamento delle bibite e allarghiamo il discorso a livello mondiale. La plastica è stata introdotta non solo per il confezionamento dell’acqua, ma anche per il latte. Il sistema più usato per il confezionamento è il tetrapak, fatto di tre materiali diversi: uno strato di carta rivestito da materiale plastico all’esterno ed alluminio all’interno. Non esiste una regola fissa su come il tetrapak vada smaltito in quanto le indicazioni cambiano da Comune a Comune. E’ indispensabile lavare i contenitori per fare in modo che possano essere riciclati, ma la confusione fa in modo che la qualità della raccolta sia ancora molto bassa.

IL VUOTO A RENDERE

Un modo per ridurre notevolmente la produzione dei rifiuti plastici è il vuoto a rendere, sia per quanto riguarda l’acqua che per il latte. Ritornare all’imbottigliamento in vetro consente di incidere in maniera considerevole sul problema. Il sistema del vuoto a rendere permette di diminuire del 96% la quantità di rifiuti per il vetro e dell’80% quello della plastica. Il meccanismo prevede che al momento dell’acquisto venga addebitata una cifra di cauzione, che sarà restituita al momento della consegna del contenitore. Ad esempio se si compra una bottiglia di bibita, che costerebbe 1 euro, se ne pagano 1,2. Nel momento in cui si riporta indietro la bottiglia vuota saranno restituiti quei 25 centesimi di cauzione pagati. Negli anni ‘50 era il sistema più usato. Poi il boom economico e la diffusione della plastica hanno segnato la sua scomparsa. Oggi le nuove esigenze green stanno segnando il trionfale ritorno del vuoto a rendere sia per il latte che per l’acqua.

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