Facebook, Rossi: Oltre a indignarsi si deve reagire

Foto Roberto Monaldo / LaPresse

Roma, 21 mar. (LaPresse) – “La democrazia guasta e corrotta si deve combattere anche cominciando a costruire un partito del lavoro, serio e pulito, dove comandano gli iscritti e non i super leader che cercano solo il potere personale. Ci si deve indignare dinanzi allo spettacolo che offre la politica nel mondo occidentale con scandali così grandi e aberranti che rischiano di travolgere la stessa democrazia. Sembra che per vincere le elezioni, come ha fatto Trump, occorra manipolare la comunicazione digitale con l’uso dei dati personali dei cittadini, accumulati e illegalmente gestiti per fare soldi dalle aziende del settore, e, soprattutto, che occorrano enormi finanziamenti che, se non posseduti direttamente, possono essere richiesti, come pare abbia fatto Sarkozy, ad un dittatore come Gheddafi che poi viene bombardato e fatto fuori”.

Lo ha scritto Enrico Rossi, presidente della Regione Toscana.

Prende un senso di sgomento a vedere come la politica nel mondo occidentale sia ridotta ad una merce come le altre da comprare e vendere su un mercato per gran parte caratterizzato da comportamenti illegali e criminali. Resiste, sempre in questa parte di mondo, la distinzione o forse una certa disarticolazione dei poteri che consente la denuncia, l’iniziativa del potere giudiziario o della stampa e quindi un peso dell’opinione pubblica che può alla fine cacciare chi usurpa il potere politico. È un fatto importante, soprattutto se messo a confronto con regimi sostanzialmente autoritari come quello in Russia o apertamente dittatoriali come in Cina. Ma questo non ci può consolare né bastare. Oltre ad indignarsi si può e si deve reagire, trovare la forza per costruire una politica nuova e pulita con un partito vero, organizzato, fatto di uomini e di donne che partecipano e decidono insieme un programma fondamentale per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale. Dovrà essere un partito dove gli iscritti scelgono i dirigenti e propongono agli elettori i candidati per le istituzioni e dove, senza inseguire il falso mito della democrazia diretta, si realizza un continuo rapporto tra i militanti e chi ricopre responsabilità politiche e pubbliche per condizionarne le decisioni e i comportamenti e per valutarne l’operato. Abbiamo bisogno di un partito che sia intellettuale collettivo, che valorizzi il sapere e le esperienze, e che sia anche una comunità democratica reale, con sezioni sul territorio, con organismi eletti dagli iscritti, capace di usare in modo pulito le nuove tecnologie della comunicazione per favorire la partecipazione e la circolazione delle idee.

Un partito che sia non solo corretto e trasparente nel reperire i finanziamenti, ma che metta come impegno fondamentale la questione morale, intesa come rispetto della legge e imparzialità del funzionamento delle istituzioni pubbliche. Questo partito nuovo dovrà, a mio parere, essere il partito del lavoro. In fondo, è una fortuna avere l’occasione di poterci impegnare per farlo. Non siamo soli. In Europa e in tante parti del mondo, ci sono molte esperienze positive, a volte coronate dal successo, di forze politiche e movimenti che uniscono la lotta per la difesa della democrazia a quella per la giustizia”.

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