Save the Children: In Italia mamme sempre più anziane e con pochi figli

Natasha Kaplinsky and Joely Richardson (right) hand in a Save the Children petition with over 60,000 signatures to the Foreign Office, urging the government to suspend arms sales to Saudi Arabia at Victoria Tower Gardens in London. PRESS ASSOCIATION Photo. Picture date: Monday March 26, 2018. Photo credit should read: Stefan Rousseau/PA Wire

Roma, 9 mag. (LaPresse) – Decidono di diventare madri sempre più tardi (l’Italia è in vetta alla classifica europea per anzianità delle donne al primo parto con una media di 31 anni)e rinunciano sempre più spesso alla carriera professionale quando si tratta di dover scegliere tra lavoro e impegni familiari (il 37% delle donne tra i 25 e i 49 anni con almeno un figlio risulta inattiva). Una scarsa o inesistente rete per la prima infanzia e poco sostegno per le donne che decidono di diventare madri. In un Paese in cui la denatalità ha toccato un nuovo record, registrando la nona diminuzione consecutiva dal 2008, le mamme italiane hanno pochi figli, con un numero medio per donna pari oggi a 1,34, che torna ai livelli del 2004, dopo aver raggiunto il suo massimo di 1,46 figli nel 2009. Un tasso di disoccupazione delle donne, e in particolare delle madri, tra i più alti in Europa, discriminazioni radicate nel mondo del lavoro, forte squilibrio nei carichi familiari tra madri e padri, poche possibilità di conciliare gli impegni domestici con il lavoro, a partire dalla scarsissima offerta di servizi educativi per l’infanzia. È questo il quadro che emerge dall’analisi di Save the Children “Le Equilibriste: la maternità in Italia” diffuso oggi in occasione della Festa della mamma, da cui appare evidente una condizione ancora molto critica. La ricerca include l’Indice delle Madri che identifica le Regioni in cui è più o meno facile essere madri, elaborato dall’Istat per Save the Children, che misura, attraverso 11indicatori, la condizione delle madri rispetto alle tre diverse dimensioni della cura, del lavoro e dei servizi, dove il miglioramento di una dimensione può essere strettamente correlato al miglioramento delle altre. Inoltre, quest’anno, l’indice evidenzia anche i principali mutamenti che hanno interessato la condizione delle madri dal 2004 a oggi e gli eventuali miglioramenti o peggioramenti nei diversi contesti territoriali.

Dai dati diffusi da Save the Children, l’Organizzazione internazionale dedicata dal 1919 lotta per salvare la vita dei bambini e garantirgli un futuro, emergono notevoli differenze tra regioni del Nord, sempre più virtuose a parte poche eccezioni, e quelle del Sud, troppo spesso carenti di servizi e di sostegno alla maternità. In linea di massima, però, la ricerca sottolinea un peggioramento generale dell’Italia per quanto riguarda l’accoglienza dei nuovi nati e il sostegno alle loro mamme.

Negli anni, la classifica delle regioni non subisce delle variazioni sostanziali, con le Province autonome di Bolzano e Trento rispettivamente al primo e secondo posto seguite da Valle D’Aosta (3° posto), Emilia-Romagna (4°), Friuli-Venezia Giulia (5°) e Piemonte (6°).

Bolzano e Trento non solo conservano negli anni il primato, ma registrano miglioramenti. Emblematico, al contrario, il caso dell’Emilia-Romagna che passa da una prima posizione nel 2008 ad una quarta nel 2018. Tra le regioni del Mezzogiorno fanalino di coda della classifica, la Campania risulta peggiore regione “mother friendly” e perde due posizioni rispetto al 2008, preceduta da Sicilia (20° posto), Calabria (che pur attestandosi al 19° posto guadagna due posizioni rispetto al 2008), Puglia (18°) e Basilicata (17°). “L’indice sulla condizione delle madri che presentiamo grazie alla collaborazione con ISTAT non deve essere solo uno strumento di analisi, ma la base di un effettivo impegno da parte delle istituzioni ad ogni livello. È inammissibile che in un Paese come il nostro, dove il numero di nuovi nati è in costante diminuzione, si riservi così poca attenzione, al di là della retorica, alla maternità e che le mamme debbano affrontare in solitudine continui ostacoli legati alla cura dei figli così come alla conciliazione della vita familiare e professionale. Sappiamo che i primi “mille giorni” dei bambini sono fondamentali per la crescita, eppure proprio in questo periodo così decisivo manca l’assunzione di responsabilità pubblica. Occorre scardinare questo circolo vizioso” dice Raffaela Milano Direttrice dei Programmi Italia-Europa di Save the Children.

Ancora una volta, la provincia di Trento si attesta al primo posto, seconda la Valle d’Aosta seguite da Friuli-Venezia Giulia (3° posto), Toscana (4°), Marche (5°). Per quanto riguarda i servizi, è il Lazio che si attesta all’ultimo posto preceduto da Sicilia (20°posto), Calabria (19°), Campania (18°) e Basilicata (17°).

I bambini sotto i tre anni accolti in servizi comunali o finanziati dai comuni variano dal 18,3% del Centro al 4,1% del Sud[6]. I divari territoriali fra il Mezzogiorno e il resto del paese sono enormi: nel Nord-Est e nel Centro Italia i posti censiti nelle strutture pubbliche e private coprono il 30% dei bambini sotto i 3 anni, al Nord-Ovest il 27% mentre al Sud e nelle Isole si hanno rispettivamente 10 e 14 posti per cento bambini residenti.

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