Pd, Martina sfida Renzi: altro che pop corn, prepariamo l’alternativa

AFP PHOTO / Tiziana FABI In foto Maurizio Martina

Roma, 10 mag. (LaPresse) –

Passata la paura del voto anticipato, il Pd torna alla consueta litigiosità.

E’ Maurizio Martina, questa volta, ad attaccare Matteo Renzi dopo che sono trapelate le parole con cui il segretario uscente avrebbe commentato la nascente intesa M5S-Lega. “Altro che ‘stare a guardare con i pop corn in mano’. Non scherziamo. Il Pd e le forze di centrosinistra devono prepararsi e passare presto dalla (giusta) preoccupazione alla sfida.

Alla proposta alternativa”, la sfida del reggente al dimissionario. Anche se in una nota serale il portavoce dell’ex premier precisa che “ieri Matteo Renzi non ha mai parlato di ‘pop corn’ in riferimento alla nascita del governo dei sovranisti”, come invece riportato da alcuni mezzi di informazione. L’espressione era stata coniata tempo fa per indicare l’atteggiamento Dem di fronte all’ipotesi di un governo Salvini-Di Maio.

Lasciate da parte le stilettate interne, il Pd si concentra sull’opposizione e i parlamentari ripetono quando possono tre concetti: Lega e M5S hanno fatto perdere due mesi al Paese; la pericolosità di un ‘governo delle destre’ e che “Di Maio si fa dare il lasciapassare da Berlusconi” (copyright Michele Anzaldi). E Martina attacca il leader Luigi Di Maio, citando il garante Beppe Grillo quando diceva mai con “Salvini e la Meloni”.

L’ipotesi di una staffetta a Palazzo Chigi tra Di Maio e Salvini ventilata nelle ultime ore “fa molto Prima Repubblica”, commenta Lorenzo Guerini che definisce Silvio Berlusconi il “badante” del nuovo esecutivo. “Il Caimano consente la nascita del governo di Lega e Cinque stelle”, è la sentenza e l’onta che il Pd vorrebbe scaricare sui Cinquestelle.

Su di una cosa i Dem sono compatti: la necessità di fare un’opposizione radicale e forte a quello che si prefigura come “l’esecutivo peggiore che ci si potesse immaginare”. La strada dell’opposizione dem passa innanzi tutto attraverso un “riformismo serio”, che guardi all’Europa e a un modello di società aperta.

In questo contesto, diventa decisiva l’assemblea del 19 maggio a cui per ora Martina è l’unico candidato certo. Il reggente si presenterà quel sabato all’Ergife con una proposta ben definita: una coalizione allargata a tuto il centrosinistra e la ‘ripartenza’ dai territori e dalla “vita reale delle persone”. Quel sabato i mille delegati dell’assemblea, per lo più vicini all’area di Renzi, decideranno se indire un congresso e quando oppure se eleggere un segretario, con mandato piemp per 4 anni o ‘a tempo determinato, cioè fino al congresso.

Per il ministro Andrea Orlando è bene confermare Martina e aprire un “percorso costituente”, opinione caldeggiata anche da altri nel partito. L’opinione di Graziano Delrio è che “tutti i segretari del Pd sono stati eletti da un congresso”. Il Pd insomma vuole prendersi il tempo necessario per a rinascere. “Noi abbiamo bisogno di riconnetterci con i territori e i nostri militanti. Serve un processo aperto che si basi soprattutto sulle tesi più che sulle persone, cioè più sui contenuti che su chi li dovrà interpretare”, spiega il capogruppo dei deputati, considerato da molti un ‘diversamento renziano’. E di congresso “approfondito nei tempi giusti” aveva parlato anche Martina in direzione nella relazione approvata all’unanimità. D’altronde se il Pd non farà ‘qualcosa di sinistra’ in tempi brevi, le elezioni amministrative del 10 giugno rischiano di rivelarsi un’ulteriore batosta.

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