Ai 5 Stelle vanno bene anche i ‘rubli’ della Lega. Ipocrisia social e tutto nelle mani di Salvini

Foto Vincenzo Livieri - LaPresse 18-06-2019 - Roma Politica Assemblea nazionale di Confartigianato imprese 2019. Nella foto Luigi Di Maio, Matteo Salvini Photo Vincenzo Livieri - LaPresse 18-06-2019 Rome (Italy) Politics Confartigianato national assembly. In the picture Luigi Di Maio, Matteo Salvini

NAPOLI – Chiacchiere. Non scelte. E’ quello che fa, ancora una volta, il Movimento 5 Stelle. Il capo politico Luigi Di Maio posta canzoni di Vasco Rossi e gonfia il petto, spiegando di essere orgoglioso che il partito (ormai di questo si tratta) che guida non è finanziato da ‘fondi strani’ e che va avanti con le donazioni dei simpatizzanti. Prova a marcare la distanza da Matteo Salvini, la cui Lega è invischiata nel Russiagate in salsa italica. Però resta beato e fedele alleato del Carroccio. Il che non lo renderebbe eventualmente meno complice. Non c’è vero dissenso nel fare l’insegnante con la penna rossa senza prendere le distanze. Non c’è diversità.

Inutile lezioncina sui rubli

La lezioncina morale del vicepremier pentastellato assume contorni grotteschi visto che la Lega è lo stesso partito che ha dovuto trovare un accordo per la frode da 49 milioni che costringe via Bellerio a pagare rate ogni tre mesi al Mef per rimettersi in regola. A Di Maio andava bene allora. E gli va bene pure oggi, pur di restare al governo e non tornare a casa (fino all’ennesimo tradimento dei propri valori il Movimento ha il vincolo dei due mandati). Ed ecco che così si affida uno spot ai social, senza che la sostanza cambi davvero.

I valori traditi

Anche perché poi si entra nel merito. E i 5 Stelle non hanno la forza, ad oggi, di fermare la mezza secessione chiamata riforma delle autonomia, colpo ferale per il Mezzogiorno. Hanno addirittura avallato la privatizzazione delle fonti d’acqua avviata dal Pd e portata a termine dall’esecutivo gialloverde. Hanno cacciato via chi ricordava ai capi la necessità di restare fedeli ‘alle Stelle’ e ai valori originali. La poltrona prima di tutto. Ed ecco quindi che il boccino torna nelle mani di Salvini, unico che, forte del consenso, può far saltare il banco e porre fine a questa triste commedia fatta di tanta apparenza e nessuna sostanza. Ci sono ancora 8 giorni per votare a settembre. Al leader del Carroccio, che rubli o non rubli è appoggiato dai 5 Stelle, l’onere di decidere. Ma probabilmente restare in sella prendendosi i meriti del buono e scaricando i fallimenti sul docile alleato che abbaia solo sui social gli conviene eccome. Si vedrà.

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