Pd, è stallo su segreteria. Orlando avverte: “Entriamo se non c’è accerchiamento”

L'incertezza del Partito democratico sui ruoli da ricoprire dopo il post-Renzi

Foto Piero Cruciatti / LaPresse in foto Andrea Orlando

ROMA (LaPresse) – E’ giallo sulla segreteria Pd. Il giorno fatidico per l’inizio delle danze doveva essere martedì, poi mercoledì e si è arrivati a giovedì. Ora la linea di confine si è spostata a sabato. Il momento clou slitta. Il segretario, intercettato alla Camera, assicura di essere a buon punto, ma a gelare le buone intenzioni di Maurizio Martina ci pensa l’area dell’ex Guardasigilli Andrea Orlando: “Valutiamo l’ingresso in segreteria se non c’è un accerchiamento”.

L’incertezza del Pd

E’ questa, a quanto si apprende, la posizione dell’area Pd vicina all’ex ministro della Giustizia in merito alla formazione della nuova segreteria perfezionata in queste ore. Gli orlandiani si aspettano dal segretario un segnale di discontinuità rispetto alla gestione Renzi. In particolare l’attenzione è puntata su chi entrerà in segreteria e con quali ruoli. Per esempio Teresa Bellanova nel ruolo di vice segretario, su cui sembrava esserci l’intesa, non è detto piaccia a tutti.

Per ora si sa che l’intenzione è quella di rappresentare tutte le aree del Pd. E’ probabile però, come spiega un esponente di rilievo dei Dem, che i big delle diverse correnti non vogliano impegnarsi in prima persona per tenersi più liberi. Finora nella girandola dei totonomi sono finiti Marina Sereni per l’area di Dario Franceschini e Gianni Cuperlo i cui contatti con Orlando sono stati fitti anche nella giornata appena trascorsa fra Montecitorio e la sede del Nazareno.

Possibile apertura con il M5S?

Mentre Martina è impegnato ad Ancona dove, a domanda specifica sulla possibile apertura al M5S, replica così: “Noi lavoriamo per passare dall’opposizione all’alternativa sempre in modo costruttivo e aperto”. Ed è sul rapporto con i Cinquestelle che Matteo Renzi scommette si giocherà il prossimo congresso. Intanto, a scanso di equivoci, Orlando chiarisce di non aver mai detto di votare il decreto Dignità a firma Luigi Di Maio.

di Elisabetta Graziani

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