ROMA – Era mafiosa: l’associazione guidata da Massimo Carminati e Salvatore Buzzi aveva le stesse logiche e dinamiche di cosa nostra, ‘ndrangheta e clan dei Casalesi. A decretarlo sono stati i giudici d’Appello. In primo grado, invece, il tribunale non aveva ritenuto provata l’aggravante mafiosa contestata al gruppo criminale.
Oggi la Corte ha ribaltato la sentenza. Carminati, ex Nar, è stato condannato a 14 anni e mezzo. Buzzi, re delle coop rosse, ha incassato 18 anni e 4 mesi di reclusione. Pene più leggere per i due rispetto a quelle decise in primo grado (precedentemente erano 20 anni per Carminati e 19 anni per Buzzi).
Mafia di nome di fatto
Mafia Capitale è stato il nome dato all’inchiesta che fece tremare alcuni politici del comune capitolino e numerosi imprenditori. Quei termini, almeno per la Corte d’Appello, non rappresentano più una semplice dicitura. Non è più una forma vuota: hanno una sostanza. C’era Mafia nella compagine guidata dall’ex terrorista nero e dal businessman romano.
Il commento del procuratore aggiunto Cascini
“Abbiamo sempre detto che le sentenze vanno rispettate: lo abbiamo fatto in primo grado e lo faremo anche adesso. La Corte d’Appello – ha dichiarato Giuseppe Cascini, procuratore aggiunto – ha deciso che l’associazione criminale che avevamo portato in giudizio era di stampo mafioso e utilizzava il metodo mafioso. Era una questione di diritto che evidentemente i giudici hanno ritenuto fondata”.
Secondo i giudici di primo grado l’indagine Mafia Capitale avrebbe attestato la presenza di due gruppi criminali: il primo dedito a commettere usure ed estorsioni, il secondo finalizzato a corrompere per veicolare appalti pubblici, con l’obiettivo di far assegnare lavori e servizi alle coop gestite da Buzzi. Stando al verdetto d’Appello quelle presunte strutture delinquenziali erano diverse. Erano mafiose.