Mediobanca, Nagel: “Cedere il 3% di Generali non è un obbligo ma un’opportunità”

Si tratta di un pacchetto rispetto al quale non sono arrivate offerte da parte dei soci di piazzetta Cuccia e la cui vendita non avverrà comunque attraverso "operazioni di dismissione in perdita o a valori penalizzanti"

Foto Roberto Monaldo / LaPresse Nella foto Alberto Nagel (DG Mediobanca)

MILANO (AWE/LaPresse) – “Non è una prescrizione né un obbligo, ma una opportunità”. Nel corso dell’assemblea degli azionisti di Mediobanca, Alberto Nagel è tornato ancora una volta sul tema della cessione del 3% di Generali. Cessione che l’istituto di credito ha ormai da tempo annunciato di voler realizzare entro il prossimo giugno.

Mediobanca, il bilancio

Pacchetto rispetto al quale non sono arrivate offerte da parte dei soci di piazzetta Cuccia – “nessuna offerta da Edizione, né da Unicredit, né da altri”, ha precisato l’amministratore delegato. – E la cui vendita non avverrà comunque attraverso “operazioni di dismissione in perdita o a valori penalizzanti”, anche se il disegno che lo riguarda è ben delineato.

La discesa nel capitale del leone triestino, di cui Mediobanca è primo socio col 13,04%, è un passo nella direzione di un ribilanciamento della composizione dell’utile netto dell’istituto. Dove i profitti legati al business diverranno sempre più predominanti rispetto a quelli derivanti dalle partecipazioni. La quota detenuta in Generali, ha spiegato Nagel, “contribuisce per una parte rilevante ai profitti” della banca. Per un peso superiore al 20%, ma è “il peso relativo che deve cambiare”.

L’andamento del mercato

Se infatti si riuscisse a ottenere lo stesso utile con un mix diverso, “il valore della banca e la sua percezione di solidità ne sarebbero migliorati”. In più, i disinvestimenti dalle partecipazioni possono liberare capitale da investire nelle aree dove il gruppo intravede maggiori possibilità di crescita. A partire dal risparmio gestito.

Un’altra questione, poi, è quella legata all’aspetto prudenziale. In questo senso, Mediobanca ha già iniziato il percorso che la porterà a dedurre entro la fine dell’anno per intero la quota detenuta in Generali dal proprio Cet1, l’indicatore più importante della solidità patrimoniale. Un modo per mettersi al riparo dal rischio spread, rendendo più difficile un’eventuale trasmissione di situazioni negative che si andassero a generare in ambito assicurativo.

“Siamo più isolati e più protetti”, ha sintetizzato Nagel commentando la deduzione dell’80% dell’esposizione già effettuata. D’altra parte, ha osservato l’amministratore delegato, quello attuale è “un momento di mercato particolarmente triste”. Nel quale “è importante per le banche italiane avere indici di capitale piuttosto solidi e un attivo altrettanto solido”.

La parola ad Alberto Nagel

Parlando da azionista, Nagel ha poi commentato l’eventualità di un cambio dello statuto di Generali per consentire a Gabriele Galateri di Genola – che in base alle regole vigenti avrebbe raggiunto i limiti di età – di svolgere un nuovo mandato da presidente. “Consiglio e soci sono sovrani nel valutare questo”, ha chiosato, osservando come l’attuale impostazione sia stata decisa in passato per “dei motivi precisi”, legati ad esempio alla presidenza di Antoine Bernheim. Protrattasi ben oltre gli ottant’anni con momenti di “imbarazzo e difficoltà da parte di tutti”.

I punti all’ordine del giorno

Tornando a Mediobanca, l’assemblea si è conclusa con voti a favore su tutti e quattro i punti all’ordine del giorno. Tra i quali figuravano l’approvazione dei conti dell’esercizio 2017/2018 e la nomina degli amministratori Maximo Ibarra e Vittorio Pignatti-Morano. Dalle cifre diffuse in mattinata, si evince come gli investitori istituzionali siano saliti al 35% del capitale dell’istituto di credito, dal 29,6% di un anno fa. Anche questo, un segno dei tempi che cambiano.

di Marco Valsecchi

LASCIA UN COMMENTO

Inserisci il tuo commento
Inserisci il tuo nome