NAPOLI – Pasqua è alle porte e il menù delle feste ha tra i suoi piatti tipici l’agnello o il capretto al forno. Come ogni anno è guerra aperta tra i sostenitori della tradizione e le associazioni animaliste che si battono contro la mattanza. La pandemia ha fatto crollare la vendita della carne di agnello. Si è registrato un calo medio su base annuale del 15%, con una diminuzione del 25% durante il periodo pasquale a seguito del primo lockdown dove le contrattazioni hanno sofferto l’imprevedibilità dei consumi legate al primo Dpcm che limitava gli spostamenti degli Italiani. Il Consorzio per la tutela dell’agnello Igp di Sardegna stima un calo del 35% durante le celebrazioni pasquali. Già nel 2020 si era registrata una riduzione dei consumi rispetto al 2019.
“La maggiore consapevolezza di come vengono allevati, trasportati e uccisi i cuccioli ha determinato il crollo delle vendite negli ultimi anni”, osserva il presidente dell’Organizzazione internazionale protezione animali (Oipa) Massimo Comparotto. Secondo l’associazione animalista la mercificazione degli agnelli, nelle sue varie fasi, esprime una crudeltà che va contro ogni regola morale. L’Oipa quest’anno ha diffuso un’immagine e un messaggio sintetico e chiaro: “Tutti dovrebbero crescere felici insieme alla propria mamma. Anche lui. A Pasqua non mangiarlo”. In realtà sul consumo di questo tipo di carne occorre aprire una riflessione più ampia, che affronti i problemi che si registrano nei vari pascoli dello Stivale e non solo.
I FALSI MITI
Molti considerano l’allevamento degli agnelli tra le pratiche meno crudeli per gli animali. Perché? Gli ovini si cibano nei pascoli, all’aria aperta, quindi non c’è bisogno di mangime. Già per coltivare la verdura occorre invece liberarsi di insetti e parassiti, e quindi ‘uccidere’ molti esemplari. I pastori inoltre ne fanno una questione di sopravvivenza del gregge. Occorre necessariamente ridurre il numero di esemplari maschi per poter salvare il gruppo. Di norma il rapporto maschi-femmine deve essere all’incirca di 1 a 30. Quando il numero di maschi sale gli esemplari tendono ad entrare in conflitto, con vere e proprie guerre di dominio, con gli arieti che arrivano ad uccidersi tra loro.
ALLEVAMENTI GREEN
La soluzione migliore, che tiene conto di costi e benefici, tanto dal punto di vista ambientale che per la salvaguardia dei pascoli, è quella di non eliminare completamente il consumo di carne d’agnello dalla propria dieta, ma di ripensarlo in maniera etica. Meglio rivolgersi agli allevatori e alle macellerie ‘di prossimità’ evitando la grande distribuzione e gli allevamenti intensivi. Poi occorre imparare a consumare ogni parte dell’animale, per evitare sprechi inutili e dannosi. Se tutti richiedono il cosciotto ci sarà bisogno di uccidere molti più animali. In generale è ecologicamente sostenibile mangiare meno carne d’agnello e di qualità migliore.