PALERMO – Da una parte venti sbarchi in 24 ore con 2.128 migranti arrivati sull’isola, dall’altra 3.600 vaccini somministrati nel primo weekend di immunizzazione di massa in vista del via alla stagione turistica. Due facce di Lampedusa che deve fare i conti con una convivenza difficile. Soprattutto dal punto di vista sanitario. Sono cinque, al netto degli specialisti, i medici nel poliambulatorio guidato da Francesco Cascio, supportati da tre infermieri. Gestiscono la campagna di vaccinazione di massa (anche per la vicina Linosa) e curano le migliaia di migranti che arrivano sull’isola.
L’allarme
“Abbiamo bisogno di altre navi quarantena oltre all’Allegra per isolare i migranti, l’hotspot scoppia con 990 persone accolte su una capienza massima di 250 posti. I tamponi stanno finendo e siamo nel pieno della campagna di vaccinazione di massa con 3.600 residenti immunizzati in tre giorni. Ingredienti che rendono la situazione a Lampedusa molto critica e insostenibile” analizza Francesco Cascio, ex presidente dell’Assemblea Regionale Siciliana, tornato a fare il medico nell’avamposto dove ha lavorato per anni Pietro Bartolo, oggi eurodeputato.
“L’unica soluzione è il trasferimento dei migranti da Lampedusa alla Sicilia con gli aliscafi che quotidianamente collegano le due isole – commenta Pietro Bartolo, eurodeputato ed ex responsabile del poliambulatorio di Lampedusa – Ne arriveranno ancora e non possiamo lasciare esseri umani seduti su un molo per giorni. Poi con la quarantena è necessaria una sorta di camera di compensazione fra il porto e la destinazione finale, che deve essere frutto di una redistribuzione fra i paesi Ue. Non possiamo accettare che la drammatica questione migranti sia sulle spalle dell’Italia che la scarica sulla Sicilia e su Lampedusa”.
La terza ondata di sbarchi
La terza ondata di sbarchi del 2021 è iniziata la scorsa settimana ma è da domenica all’alba che le partenze dalle spiagge libiche vicine al confine tunisino si sono intensificate. Venti barconi sono stati intercettati e salvati nelle ultime 24 ore, altri cinque sono in mare e hanno chiesto aiuto. Questi quelli che hanno superato la zona di pertinenza della guardia costiera Libica. Ma ci sono almeno altri 700 migranti intercettati e riportati indietro dalla marina libica. Fra questi anche gli occupanti del barcone che si è rovesciato nel tratto di mare a poche miglia dalle coste della Libia. Un naufragio che secondo l’Oim ha provocato la morte di cinque persone fra cui un bambino.
“Tutti sanno che nelle prossime settimane moriranno altri innocenti, quasi sempre donne e bambini, nel loro disperato viaggio verso le coste siciliane. Ma nessuno muove un dito, né a Roma, né a Bruxelles. A gestire questa infinita tragedia hanno lasciato la Sicilia, Lampedusa in testa, con i nostri sanitari, i nostri volontari e i pochi uomini in divisa. Ho chiesto di incontrare il ministro dell’Interno per rinnovare, con il sindaco dell’isola, il nostro appello. Roma punti i piedi con l’Unione europea e pretenda subito la solidarietà più volte invocata dal Pontefice. Tutto il resto è vergognosa ipocrisia”.
Gli arrivi a Lampedusa
Complessivamente a Lampedusa sono arrivati 2.128 migranti fra tunisini, libici, provenienti dai paesi dell’Africa centrale, pakistani e siriani. Tutti devono essere visitati e sottoposti a tampone anti Covid prima di iniziare la quarantena nelle navi predisposte o nei centri identificati dalle prefetture. Solo dopo il periodo di isolamento i migranti vengono divisi fra quelli da rimpatriare perché privi di titolo per restare in Italia e quelli da inserire nell’iter di accoglienza per motivi umanitari.
I minori stranieri non accompagnati invece vengono destinati a strutture di accoglienza in Sicilia. Una procedura rallentata dai tempi di isolamento per il Covid che oggi a Lampedusa ha come conseguenza la presenza di 990 migranti nell’hotspot da 250 posti, 800 persone in attesa sul molo Favarolo al porto di Lampedusa, 315 spostati sull’unica nave quarantena, l’Allegra. E altri 200 trasferiti in traghetto a Porto Empedocle dove poi verranno destinati ai centri di accoglienza in provincia di Ragusa.
(LaPresse/di Francesco Patanè)