L’Italia è un paese pieno di misteri, soprattutto quando un governante si propone di tagliare parte della sovrastruttura parassitaria dello Stato. Nello specifico: gli enti inutili e le aziende partecipate con il loro carico di circa 30mila componenti che siedono nei vari consigli di amministrazione. Il piano per quella sforbiciata (parliamo solo di una parte delle 11mila aziende statali delle quali circa 8mila in attività e quasi tutte in passivo), redatto prima da Enrico Biondi, ex amministratore straordinario della fallita Parmalat, poi da Carlo Cottarelli, e consegnato nelle mani di Matteo Renzi, giace ancora intonso nei polverosi scaffali di Palazzo Chigi. Eppure il risparmio previsto sarebbe stato di ben 7 miliardi di euro. Se fosse stato adottato, si sarebbero mandati a casa migliaia di amministratori che svolgono la sola funzione termica di scaldare le sedie, con i loro esorbitanti stipendi annuali. Purtroppo quel piano finora non ha attratto nessuno dei “rivoluzionari” che pure si erano proposti all’elettorato come acerrimi nemici della casta e degli sprechi. Parimenti è avvenuto con gli enti inutili, il cui numero esatto non è mai stato precisamente determinato fin dal 1956, se non per una cifra approssimativa di circa 500 sigle che, in uno con le leggi inutili da abrogare, arrivano a circa 1.700 unità. Un risparmio calcolato intorno a 13 miliardi di euro. Una cinquantina furono tagliate e riguardavano gli enti sorti durante il ventennio fascista, ma non tutti. I compiti e gli scopi di questi enti inutili sono i più svariati e fantasiosi oltre che meramente teorici. Se ne trovano per tutti i gusti: dall’unione nazionale per il tiro a segno al comitato piemontese di studi africani, dallo studio delle alghe all’acquisto degli stalloni da monta, dal centro studi lavoratori transfrontalieri a quello delle ville tuscolane, dagli studi sui trattori al gas liquefatto e così via. Una miriade di piccoli e grandi carrozzoni utili solo per sistemare politici trombati ed un nugolo di amici, clienti e grandi elettori. Insomma l’allegra cuccagna nel sottobosco governativo che dilapida centinaia di milioni ogni anno. Non mancano, sia chiaro, anche enti più rinomati, addirittura di rango costituzionale come il Cnel (Confederazione nazionale energia e lavoro) che garantisce ad oltre cento componenti, quasi tutti sindacalisti, un congruo stipendio e l’immunità parlamentare. Nel mentre questo magmatico fiume carsico continua a scorrere, in prevalenza sotto traccia, e si consumano risorse finanziarie, si sono aperte campagne di distrazione di massa per deviare l’attenzione e lo sdegno dei contribuenti, facendo credere che il vero bubbone fosse la riduzione degli stipendi dei parlamentari, che non arrivano al migliaio, invocando il taglio dei medesimi. Insomma il tutto alimentando una campagna di disinformazione politica e morale, che alla fine, ha ridotto di un terzo il numero dei rappresentanti del popolo in Parlamento. Una limitazione alla democrazia con risparmio di briciole rispetto al mare magno innanzi descritto di aziende, enti e leggi inutili. Un’opera di mistificazione che, grazie all’uso spregiudicato e alquanto sagace dei mass media e dei social network, ha propalato ed indirizzato altrove l’odio e la riprovazione sociale. Non solo non si sono ridotte le enormi sacche di parassitismo descritte, quanto si è ulteriormente incentivato il lato assistenziale e clientelare dello Stato con l’introduzione di redditi di cittadinanza, elargiti peraltro a migliaia di soggetti non aventi diritto, lasciando languire la lotta all’evasione fiscale ed il taglio delle tasse alle imprese e sul lavoro, sui lavoratori sia dipendenti che autonomi, finendo per stangare anche i redditi da pensione! Va di moda il politicamente corretto, l’uso di termini e concetti che piacciono al main stream, e con questi, parole eufoniche come equità sociale, commercio solidale, diritti di reddito senza lavoro, lotta alla povertà. Un glossario che suona bene alle orecchie di coloro che altruisticamente intendono fare il bene coi soldi degli altri. Tuttavia nessuno si azzarda a tagliare sprechi e sperperi ad un popolo che non conosce ammirazione per chi produce ricchezza e lavoro ma solo invidia e pregiudizio sociale. Un popolo incarognito dalle elargizioni a pioggia non tanto a chi non può ma soprattutto a chi non vuole lavorare. Tornando agli enti inutili, spiccano anche i contributi statali elargiti ad associazioni ormai defunte. Una per tutte: l’Anpi, l’associazione partigiani italiani, a quasi 80 anni dalla fine della seconda guerra mondiale. Estinti i protagonisti veri o presunti di quella pur benemerita pagina di storia patria, oggi quell’associazione coopta giovani nati addirittura decenni dopo l’epopea della Resistenza. Basterebbe un museo e la celebrazione della festa della Liberazione per onorare quel ricordo. Scomparsi i partigiani è rimasta, però la partigianeria ideologica, quella che alimenta questi fantasmi.