Che sull’aborto ci siano posizioni divergenti è ovvio, stante la delicatezza dell’argomento ed il dramma di dover conciliare due princìpi etici parimenti importanti nello stato di diritto. Il primo è la tutela e la difesa dell’integrità fisica del corpo della donna; il secondo è la difesa della vita umana ai suoi albori, anche quando il nascituro è allo stato di “abbozzo embrionale” ma gia in possesso di tutti i requisiti biologici per diventare un essere umano perfettamente e completamente sviluppato. Se sfrondiamo il ragionamento dall’egoismo e dal pregiudizio fazioso, la comparazione sui due diritti è evidentemente a vantaggio della primaria tutela della vita umana qualsiasi sia lo stadio di sviluppo della medesima. Una considerazione, quest’ultima, del tutto laica che non considera alcuna valutazione di fede religiosa né tantomeno si richiama ai precetti che sono tenuti ad osservare i credenti. Se si viola il principio che la vita umana sia il sommo bene da tutelare in ogni circostanza, lo stato di diritto e la civile convivenza sulla quale si fonda il consesso sociale, perdono qualunque valore morale e civico. Un argomento certo spinoso, quello di affrontare il tema in questione, ancorché nel corso degli anni molti sono stati quelli che lo hanno sbrigativamente risolto propendendo per l’una o l’altra posizione al riguardo. La legge 194 del ‘78, quella che disciplina l’aborto in Italia, recante norme sulla “interruzione volontaria di gravidanza”, ha tentato di regolamentare l’esercizio della tutela dell’integrità fisica della donna, la libera scelta di quest’ultima in nome del principio di autodeterminazione, oltre che contrastare la diffusa e lucrativa pratica degli aborti clandestini. Tuttavia, contrariamente alle dichiarate buone intenzioni, enunciate in premessa, essa si è dimostrata, nel tempo, una legge che ha sostanzialmente autorizzato e legalizzato la pratica abortiva. Nessuno sa dire che fine abbiano fatto i consultori familiari e le equipe interdisciplinari che avrebbero dovuto assistere la donna gravida affinché assumesse una decisione consapevole e di per se stessa grave per le conseguenze che determinava sul piano della soppressione di una vita umana. All’atto pratico, senza limiti di età e di condizione socio economica, oggi le donne assumono la decisione quasi come fosse una normale operazione di routine, per sottoporsi ad una qualsiasi pratica medica. A questa legge se n’è aggiunta un’altra, altrettanto delicata, che funge quasi come un combinato disposto nell’ambito della problematica legata alle nascite, ovvero la legge che regola la procreazione medicalmente assistita. Una legge che abilita medici e biologi a manipolare, a fini diagnostici e terapeutici, l’embrione umano. Insomma, innanzi alla crisi delle nascite e al continuo decremento demografico si affronta, sul versante opposto, la questione riguardante le donne che per via naturale non riescono ad avere figli. Un vero paradosso. Nel primo caso, quello dell’aborto, all’embrione umano non vengono riconosciuti diritti né tutele per evitare gravidanze indesiderate; nel secondo caso, quello della mancata gravidanza, l’embrione non gode di migliore trattamento. I casi sembrano diversi ma non lo sono. Si, perché entrambi denegano ad un essere umano, sia pure allo stato embrionale ma pur sempre vitale, qualsivoglia diritto, qualsivoglia tutela. Certo le finalità dei due casi citati sono agli antipodi ma si sovrappongono allorquando prevalgono, in assoluto, solo i diritti dei genitori. Viviamo in un mondo che corre e si crogiola nel benessere e nell’edonismo, frastornato dalle mode, per poter dare ascolto a chi, pur vivendo, non ha ancora voce. Non ha voce il bambino di poche settimane che, secondo Emma Bonino, non deve essere neanche sepolto, ma solo depositato nei rifiuti ospedalieri come un grumo di sangue e tessuti. Non ha voce l’embrione che viene manipolato per essere disponibile all’impianto in utero materno, oppure in affitto, spesso stivato in azoto liquido come un prodotto deteriorabile qualsiasi. Altre volte sottoposto ad un intervento correttivo, per prevenire malattie. Si dirà che in quest’ultimo caso la mano dell’uomo agisce per il bene dell’embrione stesso, ovvero di quello prescelto tra quelli fecondati e surgelati, senza tener conto di null’altro. Per intenderci, si dà per scontato che il nascituro (e gli altri embrioni di “scarto”) voglia vivere come decidono gli altri oppure debba essere soppresso. Provate a chiedere ad un diabetico oppure ad un handicappato se avesse preferito vivere così com’è o morire in mancanza di una pratica eugenetica. Insomma milioni di esseri umani vengono soppressi oppure manipolati nell’incuria generale. Sbalorditivo è il silenzio della chiesa bergogliana che balbetta e sussurra più che gridare allo scandalo, e che per bocca dei suoi cardinali disserta sulla differente valenza tra omicidio ed omicidio. Viviamo l’era dell’eccesso di comunicazione ed il silenzio degli innocenti non fa notizia.