ROMA – La pandemia non ha provocato solo pesanti e inevitabili strascichi sulla vita fisica degli italiani e nell’economia del paese: ha portato alla luce una componente consistente, seppur minoritaria, di irrazionalità, confusione, scarsa fiducia nel futuro e nelle prospettive di crescita, lasciando in alcuni, consistenti casi, la porta aperta a teorie che arrivano fino al complottismo. La fotografia scattata dal 55esimo Rapporto del Censis è quasi impietosa nel rilevare che per ben 3 milioni di italiani (pari al 5,9%) il Covid non esiste, per il 31,4% il vaccino è un farmaco sperimentale, e di fatto stiamo facendo da cavie, per il 10,9 per cento i sieri sono inutili ed inefficaci. Ma soprattutto per il 67,1 % degli italiani esiste uno ‘Stato profondo’, cioè il potere reale è concentrato, in modo non pienamente democratico, nelle mani di un gruppo ristretto di potenti, composto da comitati d’affari; per il 64,4% le grandi multinazionali sono le responsabili di tutto quello che ci accade; e per il 56,5% esiste una casta mondiale di superpotenti che controlla tutto.
La variante cospirazionistica, tendente alla paranoia, ispirata a “gran rimpiazzamento” ha contagiato il 39,9% degli italiani convinti del pericolo reale della sostituzione etnica. Per oltre un terzo degli italiani, identità e cultura nazionali spariranno a causa dell’arrivo degli immigrati, portatori di una demografia dinamica rispetto agli italiani che non fanno più figli e tutto ciò accade per interesse e volontà di presunte opache élite globaliste.
Secondo il Censis, l’irrazionale che oggi si manifesta nella nostra società e con cui bisogna comunque fare i conti, è frutto di un disagio ben più profondo, ha radici socio-economiche “secondo una parabola che va dal rancore al sovranismo psichico e che ora evolve diventando rifiuto tout court del discorso razionale”.
A soffiare sul fuoco dell’irrazionalità sono soprattutto i rendimenti decrescenti degli investimenti sociali, la maggiore insicurezza negli strumenti di protezione dall’incertezza dell’ignoto e i rischi esistenziali. Un circolo vizioso che parte dalla bassa crescita economica, dai ridotti rientri in termini di gettito fisco, aumento del debito pubblico.
Per due terzi degli italiani (il 66,2%) nel nostro Paese si viveva meglio in passato: è il segno di una corsa percepita verso il basso della società e dell’economia. Una “cocente disillusione rispetto agli investimenti economici realizzati e alle aspettative sul piano emotivo”. E che lascia spazio all’inquetudine e ai timori per il futuro.
Il 69,6% degli italiani si dichiara molto inquieto pensando al futuro, e il dato sale al 70,8% tra i giovani e al 76,9% nei ceti a più basso reddito. L’81,1% degli italiani ritiene che oggi è molto difficile per un giovane vedersi riconosciuto nella vita l’impegno di tempo, energia e risorse profuso nello studio. E che semplicemente non conviene impegnarsi per laurearsi conseguire master e specializzazioni, per poi ritrovarsi invariabilmente con minimi e rari attestati di riconoscimento. Tutto ciò determina un circolo vizioso difficile da spezzare: in termini di gettito una anche di diffusa insoddisfazione e di ricusazione del paradigma razionale.
Per due terzi degli italiani (il 66,2%) nel nostro Paese si viveva meglio in passato: è il segno di una corsa percepita verso il basso della società. Una tendenza che non sarà semplice invertire.
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