Nessun uomo è estraneo al destino dell’umanità, soprattutto quando la libertà e la dignità umana sono minacciate o calpestate. E’ questa in estrema sintesi la morale che si coglie nel libro scritto da Ernest Hemingway nel 1939, alla vigilia della seconda guerra mondiale. Le smanie di grandezza e di superiorità della razza ariana e della Germania, profetizzate da Hitler nel “Mein Kampf”, facevano presagire lo scoppio del conflitto nonostante l’arrendevolezza mostrata dalle democrazie occidentali (Francia ed Inghilterra in primis) innanzi all’annessione della Cecoslovacchia e dell’Austria da parte del Reich tedesco. Lo scellerato patto Molotov – Ribbentrop siglato tra tedeschi e sovietici, ovvero tra il führer e Stalin sancì poi la spartizione della Polonia determinando, sostanzialmente, il “casus belli” e dunque l’inizio del sanguinoso scontro.
Lo scrittore americano incentrò il proprio romanzo intorno alle gesta di alcuni soldati repubblicani nel corso della guerra civile spagnola che questi condussero, nel 1936, contro le truppe franchiste sostenute dagli uomini e dagli armamenti inviati da Mussolini e Hitler. Da un lato gli antifascisti nelle cui file si integrarono e combatterono i militanti della sinistra social comunista europea; dall’altra i seguaci filo fascisti del caudillo iberico. Alla fine i combattenti antifascisti dovettero soccombere. Furono migliaia gli stranieri che persero la vita da entrambe le parti del fronte a riprova del fatto che si scontravano due eserciti legati da motivazioni politiche ed ideologiche opposte sul futuro modello politico da instaurare nella penisola spagnola. La campana della morte colpi anche uomini che non avevano vissuto, né lo avrebbero fatto in futuro, in quel Paese ma che combattevano per idealità e solidarietà nei confronti di principi ideologici e politici comuni ed affini alle forze in campo.
Alla fine, la campana della morte coraggiosa sul campo di battaglia era suonata per i tanti che avevano immolato la propria esistenza in nome di un credo politico e di un ideale. Di quella pasta di uomini, oggi, si sono perse le tracce nel caleidoscopio opulento di una società consumistica quanto basta per rifiutare ogni pericolo ed ogni idealità. Quelle ideologie sono state messe in soffitta dalla Storia e con esse le motivazioni esistenziali di coloro che per esse combatterono. Ogni soldato ed ogni martire si illuse di lottare per la libertà e la prosperità del popolo spagnolo: i repubblicani per le libertà sociali e lo stato marxista degli eguali, i fascisti per le libertà borghesi minacciare dal collettivismo. E con quei convincimenti, legittimi secondo i personali ideali, i vivi alimentavano il loro coraggio ed i morti la luce del martirio. Oggi dopo circa un secolo di pace, le ombre della guerra si allungano di nuovo sull’Europa ed i governi occidentali e democratici che la governano.
Di converso il pericolo viene da altre smanie: quelle del despota che ha occupato il Cremlino facendo ritornare indietro le lancette della storia ai tempi della guerra di conquista. Non bastavano la Cecenia, l’Ossezia e la Crimea per saziare la fame di Putin. Nossignore: bisognava aggiungere anche le province ucraine che si affacciano sui prosperi porti commerciali del Mar Nero. Ma non basta!! Oggi le minacce russe si estendono anche alla Svezia ed alla Finlandia che intendono ripararsi sotto l’ombrello difensivo e solidale della NATO o che già appartengono, come Stoccolma, all’Unione Europea.
Se le minacce di Mosca dovessero avverarsi i trattati europei (con la Svezia) e quelli della Nato (con quest’ultima e Helsinki), porterebbero, inevitabilmente, allo scontro militare diretto. Quanto di vero ci sia nei propositi di Putin non è dato sapere fino in fondo così come ignote sarebbero le conseguenze di un conflitto nel quale si scontrerebbero forze militari munite di armi sofisticate e terribili (a parte quelle atomiche di estremo impiego). Tuttavia prepararsi alla guerra per proteggere la pace è un motto latino molto noto e seguito nell’antica Roma. Un motto pregno di buon senso. Innanzi alle minacce di un potenziale aggressore non resta, infatti, che predisporsi a rispondere adeguatamente. Il pacifismo è certo una dottrina nobile e rispettabile ma vale nel tempo in cui c’è responsabilità e buon senso nei governi degli Stati. Innanzi alla paranoia putiniana nessun profeta disarmato può competere. Resta l’interrogativo di quanti siano coloro che sono disponibili a fronteggiare le incognite della guerra ed i disagi che ne seguirebbero. Non credo che nella società del relativismo etico, della mente vuota e della pancia piena ci sia qualcuno disposto ad ascoltare i fatidici rintocchi. Insomma: per chi suona oggi la campana? Essa suona anche per noi.
*già parlamentare
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