Santa Maria Capua Vetere, condannato l’ex dipendente del Tribunale

Danilo Longallo

S. MARIA CAPUA VETERE – Peculato e detenzione illecita di sostanze stupefacenti: sono i reati che hanno fatto scattare la condanna per il 68enne Danilo Longallo. Condotte illecite che l’imputato, hanno ricostruito gli inquirenti, ha commesso in qualità di commesso presso l’archivio del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere. La Corte d’appello di Napoli, il 23 marzo scorso, aveva confermato la sentenza di primo grado emessa nei suoi confronti: 10 anni di reclusione. Contro quel verdetto, Longallo, attraverso il proprio legale, ha presentato ricorso in Cassazione, ma i giudici romani lo hanno respinto: la sentenza è diventata irrevocabile.

L’accusa

Il 68enne, affermano i togati, si è appropriato di  reperti (lingotti d’oro e consistenti quantitativi di cocaina) presenti nel palazzo di giustizia. Si tratta di materiale che era sottoposto a sequestro e oggetto di procedimenti penali. Per prelevare oro e droga, senza destare sospetti, stando a quanto accertato dai giudici, Longallo aveva redatto falsi verbali e apposto annotazioni tarocche sui documenti che già erano stati compilati.  Tra gli elementi che hanno portato i giudici a ritenere colpevole il 68enne, il fatto che fosse “l’unico ad aver accesso indisturbato all’ufficio del Gip presso il quale era impiegato, su semplice disposizione orale, per inserire dati informatici”.

Le indagini

L’inchiesta che ha fatto scattare la condanna prese il via nel 2015, in seguito ad una verifica “della tenuta dei corpi di reato” custoditi presso l’apposito ufficio del Tribunale. Erano spariti oltre 13 chilogrammi di cocaina, lingotti d’oro e altri preziosi.  L’oro, su carta, era stato consegnato ad un maresciallo della guardia di finanza in servizio a Caserta, il 30 aprile 2015. Lo stupefacente, invece, nella stessa data, ad un sottufficiale delle fiamme gialle di Napoli. Entrambi i documenti che avrebbero autorizzato la consegna dei reperti ai marescialli, però, sono risultati essere falsi.  A coordinare l’attività investigativa fu il pm Alessandro Di Vico: venne trascinato a processo anche un cancelliere che ha ottenuto l’assoluzione in Appello. La decisione della Cassazione di confermare il verdetto per Longallo (assistito dall’avvocato Enrico Monaco) è stata presa a metà ottobre, le motivazioni sono state rese note la scorsa settimana. 
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