Caos brucellosi, Fenizia boccia Caputo: folle rivedere le aree della mozzarella dop

L’intervista. A parlare è l’ex direttore dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Mezzogiorno

CASERTA (Sergio Olmo) – “Le tradizioni vanno rispettate. E’ nelle tradizioni che si formano i processi produttivi di particolare e speciale interesse”. Parola di Domenico Fenizia, ex direttore dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Mezzogiorno che vi approdò nella carica al tempo in cui bisognava fare un concorso pubblico, per titoli ed esami, non per nomina diretta intuitu personae. Fenizia, sostanzialmente si iscrive, metaforicamente, al partito della tradizione bufalina, contrario all’idea annunciata dall’assessore regionale all’Agricoltura Nicola Caputo, di allargare e portare la produzione dell’Oro bianco al di fuori degli attuali confini delle aree della Mozzarella di Bufala Campana Dop. Per Fenizia, le cui ricerche condivise con prestigiosi enti, pubblicate anche su importanti riviste internazionali ad alto impatto, sono ancora buon punto di riferimento per l’intera categoria veterinaria, la bufala casertana va assolutamente protetta ma “finché non si riconoscerà all’allevatore il diritto all’autocontrollo”, non sarà semplice tutelarla e, in assenza di questo principio, a rimetterci saranno anche i veterinari. Figura professionale che nel tempo hanno subito una vera e propria metamorfosi. “Cambia tutto, radicalmente tutto. Prima della riforma – spiega Fenizia – il veterinario era considerato un amico, quello che curava l’animale, quello del quale, il proprietario, oltre a nutrire affetto e riconoscenza, ricavava un modesto reddito. Oggi è tutto diverso. Oggi, si sa, è un po’ tutto legato al profitto, quello guidato dalla politica ed è in questo contesto, che si è evoluta questa figura professionale che era e, diciamo, resta comunque stimata e stimabilissima. Il vero nodo è di quella politica arrogante che ritiene di aver capacità risolutiva dei problemi senza ascoltare minimamente i problemi dei cittadini, diretti interessati”.

Lei, dottor Fenizia, però, a suo tempo, a differenza di chi oggi potrebbe dire la sua, quando in disaccordo con le ufficiali scelte della politica, di battaglie ne ha fatte?

“Si, ne ho fatte eccome. Come apicale espressione tecnica di un Istituto di ricerca della Regione Campania, ho sempre ritenuto doveroso, professionalmente ed eticamente, dare il mio contributo tecnico-professionale per la soluzione a gravi infezioni fortemente radicatesi su territorio della nostra regione. Il mio è un caso classico, ho osato proporre un cambio di passo nelle profilassi di Stato. Naturalmente tutto questo ha avuto un prezzo. Fui messo alla porta dall’allora commissario straordinario dell’istituto Zooprofilattico, il dottor Limone. Naturalmente la cosa è finita bene, la giustizia mi ha dato ragione ho vinto le connesse cause in tutti è tre i livelli della giustizia. Ma questa è storia ormai nota ai più”.

Ed oggi?

“Eh, il veterinario oggi non potrebbe comportarsi alla stessa maniera, perché ancor più di ieri è soggetto alle vendette della politica, quella con la p minuscola, quella che non riesce a comprendere che dovrebbe porsi un freno ovvero schierarsi dalla parte dei cittadini, di quelli che lavorano, stando sempre al loro fianco, evitando di costruire lobby di cui ormai il cittadino è stanco. La verità è che oggi la politica, considera in molti casi i cittadini come numero e li intravede nei suoi obbiettivi come soggetti da sfruttare. E’ questo il sistema, chi vive nel gruppo, in questo caso il funzionario pubblico. Egli si trincera dietro la legge e ne applica gli articoli senza guardare all’utile raggiungimento degli obbiettivi, nel nostro caso quelli sanitari: la brucellosi bufalina c’era ed ancora c’è anzi la situazione è notevolmente peggiorata. E così a fare i guai sono in due. Ma non credo di raccontare nulla di nuovo”.

E’ sempre in quest’ottica che legge i messaggi ‘politicizzati’ lanciati in questi giorni dalla Federazione Nazionale degli Ordini dei Veterinari Fnovi, la divulgazione, riportata sui social delle foto coi ministri Schillaci e Lollobrigida?

“Col beneficio d’inventario la celebrazione di un Consiglio Nazionale delle Federazione degli ordini ha sempre visto la presenza istituzionale di autorità politiche, certo, poi, esibirle in un certo modo può assumere un significato specifico, ancor più quando c’è una protesta in atto”.

Un’ultima domanda ma non certo in ordine di importanza: l’assessore casertano Caputo ha annunciato la volontà di rivedere l’areale della mozzarella di bufala campana Dop, cioè ampliare ad altre zone questo prestigioso marchio. Il Consorzio, ma anche gli allevatori casertani, frenano. Che ne pensa?

“Non sono un esperto di mozzarella dop, intendiamoci, ma penso che hanno ragione a frenare: le tradizioni vanno rispettate. E’ nelle tradizioni che si formano i processi produttivi di particolare e speciale interesse. Le mozzarelle le possono produrre tutti, ma in certe zone si è sviluppata una tradizione specifica, di eccellenza di quel formaggio. Ho conosciuto e mi sono formato con grandi maestri. Penso soprattutto al grande ed amabilissimo Professor Giovanni de Franciscis che come pochi altri ha fatto la storia e speso bene la propria vita nella considerazione che alcuni tipi di produzione vanno assolutamente protette, anche per la tipologia dell’animale la cui selezione, nel tempo, ha acquistato un grande valore. La bufala casertana è un animale da proteggere ma finché non si riconoscerà all’allevatore l’autocontrollo, come status di primo operatore garante della salubrità della propria azienda e del proprio prodotto, proprio come riconosciuto dalle norme europee, difficilmente se ne uscirà. Del resto chi più dell’allevatore ha interesse a che la sua azienda offra tutte le garanzie del caso? L’assenza ed il rispetto di questo principio contribuisce a creare un’immagine deformata eccessivamente fiscale del veterinario”.

Cioè con l’autocontrollo osserveremo dei veri professionisti esperti nella cura e nelle produzioni zootecniche? Cioè meno veterinari di Stato?

“Il pacchetto igiene va garantito per l’allevatore in quanto diretto interessato e non si comprende quindi perché ciò gli viene impedito. Forse perché si ritiene che sia in malafede o perché non curi anche gli interessi degli altri? Ecco questa è una bella domanda. Siamo di fronte ad una nuova sfida, siamo di fronte ad una nuova generazione di allevatori e produttori zootecnici, osservanti della legge e responsabili delle buone condizioni igienico sanitarie da utilizzare per la propria impresa. Insomma gente preparata ed esperta di cui, certo, ci si può fidare”.

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