di Raffaele Carotenuto*
Il 27 settembre scorso il Consiglio dei Ministri ha deliberato la Nota di Aggiornamento al Documento di economia e finanza per il 2023 (NADEF). Scopo della Nota è quello di analizzare quanto successo nel corso dell’anno in corso e sulla base delle risultanze (ex post) perfezionare gli obiettivi di finanza pubblica, alla luce della mutata situazione economica del paese.
All’interno dello stesso vi sono riportate tre raccomandazioni del Consiglio dell’UE per l’Italia. Una di esse riguarda il PNRR, ovvero procedere più speditamente all’attuazione dei programmi della politica di coesione.
Il prestito europeo (PNRR) nasce innanzitutto per recuperare i divari territoriali, le disuguaglianze e le asimmetrie di reddito e occupazione tra Nord e Sud. Il riequilibrio tra il Mezzogiorno e il resto del paese è inteso dallo stesso come “priorità trasversale”, ciò starebbe a significare che non bisogna pensare a singoli interventi circoscritti in specifiche componenti, ma “condizionare” tutte le missioni previste dal PNRR per la specifica macroarea meridionale. Insomma, l’intento della UE è quello di spingere l’Italia a valorizzare il sistema produttivo del Sud in funzione della più generale crescita economica nazionale. In tal senso andrebbe interpretata la raccomandazione UE, ovvero proporre inclusione e coesione favorendo processi orizzontali tra le diverse aree geografiche.
Tuttavia, la Nota al DEF di cui si parla, se da un lato fa proprio il suggerimento dell’Europa, dall’altro non rinuncia ad un focus sull’autonomia differenziata. Insomma, vale tutto ed il contrario di tutto.
Scorrendo le pagine del NADEF, al IV° Capitolo (riforme e raccomandazioni UE) vi è una “concentrazione” di tutte le contraddizioni in essere tra il prestito europeo e la riforma Calderoli (A.S. 615) in tema di autonomia. I due elementi ripetuti sono: spesa storica e invarianza economica per il conseguimento del cosiddetto “regionalismo asimmetrico”. Una riforma, quella del Governo, che contiene in sé il germe della divisione dell’Italia, delle velocità differenti, delle subalternità territoriali.
Lo stesso Dipartimento per le politiche di coesione del Governo italiano, che “decanta” la Missione 5 – Componente 3 del PNRR, trattante gli interventi speciali per la coesione territoriale, ovvero il recupero delle disparità socio-economiche attraverso gli investimenti nelle regioni meridionali, dovrebbe spiegare la coerenza che esiste tra la specifica missione in tal senso prevista dal PNRR e il disegno di legge sull’autonomia differenziata che “sacrifica” esattamente servizi e infrastrutture sociali ed economici.
Ma vi è dell’altro. Il 7 agosto scorso il Governo ha presentato alla UE una proposta di revisione del PNRR, per amalgamare quanto previsto dalla nuova misura europea chiamata REPowerEU, ossia la transizione verde finalizzata a mettere l’Italia nella condizione di una minore dipendenza esterna per l’approvvigionamento energetico, a seguito del conflitto russo-ucraino. Per questo motivo sono state escluse dal finanziamento PNRR alcune misure che penalizzano ulteriormente l’area Mezzogiorno, tra gli altri: valorizzazione del territorio, rigenerazione urbana e piani urbani integrati. Tra le misure definanziate, per esempio, vi è l’utilizzo dell’idrogeno per la riqualificazione dell’ILVA di Taranto (1 miliardo). Una esclusione che grida vendetta.
Chi è in grado di assicurare che la rimodulazione del PNRR non penalizzi ulteriormente le cifre destinate al Sud? Chi controlla che almeno (minimo) il 40% del prestito UE vada al Mezzogiorno?
Siamo sicuri che i progetti previsti valorizzino le periferie delle Città Metropolitane, potenzino servizi e infrastrutture sociali di comunità, combattano situazioni di emarginazione e degrado sociale del meridione?
Proclami elettorali, documenti istituzionali e misure annunciate, giocano una partita a sé, sembrano molto lontano dalla realtà dei cittadini. Tuttavia, risalire la china, forse, è ancora possibile. Ma per questo, occorre attenzione e vigilanza.
*Scrittore e meridionalista