Scandalo Asl, il ‘tariffario’ per i certificati: 50 euro per l’attestato di decesso

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NAPOLI – Tra i destinatari delle misure cautelari figurano cinque dirigenti medici, accusati di aver intascato denaro dalle imprese funebri, e dipendenti dell’ASL Napoli 1 Centro, oltre a funzionari comunali dell’ufficio di stato civile e una trentina di imprenditori di pompe funebri, insieme a vari intermediari. Secondo gli inquirenti, per la documentazione prodotta era stato stabilito un tariffario: 50 euro per il certificato di decesso per cause naturali e 70 euro per l’esame del Dna utile per la cremazione.

L’indagine è durata due anni e ha documentato, anche con riprese video, 300 episodi, per ricostruire le dinamiche contestate dai carabinieri. Decine di kit per l’esame del DNA dell’ASL Napoli 1 Centro sono stati sequestrati dai militari del NAS negli uffici delle imprese, durante le perquisizioni eseguite contestualmente alle notifiche degli arresti. Oltre ai kit, sono state sequestrate somme di denaro ancora in fase di quantificazione e oltre 30.000 euro, come disposto dal decreto del gip.

Non solo. La Procura fa sapere che sono emersi indizi anche a carico di soggetti che, con false certificazioni mediche, ottenevano dal Comune di Napoli contrassegni per parcheggio disabili per persone senza problemi di deambulazione. Coinvolti noti imprenditori, titolari di agenzie funebri. “È un’indagine complessa, che riguarda medici, infermieri, società che gestiscono i servizi di pompe funebri – ha spiegato il procuratore Nicola Gratteri – sulla gestione di tutto ciò che riguarda le morti, le attestazioni del Dna per avere la certezza che il corpo appartiene ad esatta identificazione del cadavere. Gli esami non venivano fatti da medici, bensì direttamente dalle pompe funebri, attraverso kit custoditi nelle agenzie e già firmati dai medici”.

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