Sessualità, ancora un tabù in famiglia. Primo rapporto a 16 anni

Sanità cure mediche
Foto LaPresse - Claudio Furlan

MILANO – Il sesso in famiglia resta ancora un tabù. Non se ne parla e i giovani hanno la loro prima esperienza sessuale intorno ai 16, 17 anni. E’ quanto emerge dal rapporto del ministero della Salute in occasione della terza Giornata nazionale di informazione e formazione sulla salute riproduttiva, che si celebra oggi.

La famiglia ‘tabù’

La famiglia però non è ancora il centro di riferimento per i ragazzi che non riescono a confrontarsi su questi argomenti con i genitori.

Con madri a padri difficilmente affrontano argomenti quali “sviluppo sessuale e fisiologia della riproduzione”, “infezioni/malattie sessualmente trasmissibili” e “metodi contraccettivi”: solo il 10% parla in famiglia di questi argomenti in maniera approfondita.

La prevenzione

Per quanto riguarda l’utilizzo dei metodi contraccettivi, rispetto a un’indagine fatta dall’ISS nel 2010, rimane stabile la percentuale di chi non usa alcun metodo (10%).

Aumenta, invece, l’utilizzo del preservativo (77%) ma anche quello del coito interrotto (26%) e del calcolo dei giorni fertili (11%). Il 94% dei ragazzi ritiene che debba essere la scuola a garantire l’informazione sui temi della sessualità e riproduzione. Ben il 60% di loro ritiene che questo dovrebbe iniziare dalla scuola secondaria di primo grado o anche prima, dato che conferma quanto già emerso nell’indagine ISS del 2010.

I dati

Tuttavia solo il 22% degli adolescenti vorrebbe ricevere queste informazioni dai propri docenti, mentre il 62% vorrebbe personale esperto esterno alla scuola. Solo il 7% degli adolescenti pensa di non avere figli nel suo futuro, mentre quasi l’80% di loro indica come età giusta per diventare genitore prima dei 30 anni.

Salute sessuale e controlli

Il primo Studio nazionale sulla fertilità che ha raccolto informazioni sulla salute sessuale e riproduttiva è andato anche a scavare nei comportamenti di universitari e adulti, in sostanza la popolazione potenzialmente fertile.

L’obiettivo è avere anche uno spaccato di quando pensano i professionisti sanitari (pediatri di libera scelta, medici di medicina generale, ginecologi, andrologi, endocrinologi, urologi, ostetriche). E quest’ultima indagine ha confermato che sono ancora troppo pochi i ragazzi e gli uomini che si sottopongono ad un controllo. Quasi il 75% delle studentesse ha fatto una visita ginecologica, solo 1 ragazzo su 4 è stato dall’andrologo; per quanto riguarda il consultorio familiare si sono rivolte a questo servizio il 34% delle studentesse intervistate, mentre è stato utilizzato solo dal 13% dei maschi.

I dati sulla propensione alla procreazione

Le motivazioni per rinunciare o rinviare la nascita di un figlio sono legate principalmente a fattori economici e lavorativi. Vanno escluse dalla stima le persone senza un partner o che riferiscono problemi di fertilità.

Elemento connesso anche l’assenza di sostegno alle famiglie con figli (41%), seguiti da quelli collegati alla vita di coppia (26%) o alla sfera personale (19%); infine ci sono problemi di salute (17%) o legati alla gestione della famiglia (12%).

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