NAPOLI – Siamo nel pieno della Quaresima, per la religione cattolica non si deve mangiare la carne e si deve osservare il digiuno di venerdì come segno di penitenza per onorare il sacrificio fatto da Gesù. Mentre i fedeli di tutto il mondo osservano la regola del divieto del consumo di carne, Edimburgo diventa la prima capitale in Europa ad approvare la richiesta di un trattato basato sulle piante in risposta all’emergenza climatica. Il Consiglio della città di Edimburgo ha approvato il Plant Based Treaty, aderendo così all’iniziativa per affrontare le emissioni legate all’alimentazione derivanti dall’agricoltura animale. Il trattato attribuisce alla deforestazione un fattore chiave del clima emergenza ed è sostenuto da 20 governi municipali in tutto il mondo, tra cui Los Angeles e Haywards Heath.
EMISSIONI
Uno studio condotto nella capitale scozzese mostra che il cibo e la dieta rappresentano il 23% dell’impronta basata sui consumi e il 12% di queste emissioni deriva dal consumo di carne. Il rapporto afferma che “un passaggio a diete a base vegetale ridurrebbe quindi in modo significativo in città le emissioni basate sui consumi”. I risultati del rapporto hanno avuto eco anche altrove. Un rapporto del 2019 della rete C40 ha citato il cibo come la principale fonte di emissioni basate sul consumo urbano e ha osservato che il passaggio a una dieta a base vegetale offrirebbe la più grande opportunità di riduzione delle emissioni nelle città. Aderendo al trattato Edimburgo si impegna a ridurre il consumo di carne nelle scuole e strutture pubbliche a favore di diete a base vegetale più sane e sostenibili. La nuova normativa non implica l’eliminazione istantanea della carne dai menu di scuole ed altri luoghi pubblici: si incoraggerà la scelta di alternative a base vegetale ma rimarrà ancora la possibilità di optare per piatti a base di carne.
I VANTAGGI
Secondo i promotori del trattato il consumo di carne e tutta la filiera che c’è dietro è una delle principali cause della crisi climatica. L’Accordo sul clima di Parigi impegna quasi tutti i governi del mondo ad affrontare la crisi climatica e mira a limitare il riscaldamento globale a 1,5°C al fine di evitare i peggiori impatti del riscaldamento globale. Secondo ProVeg International, un’organizzazione di sensibilizzazione alimentare che ha l’obiettivo di ridurre il consumo globale di animali del 50% entro il 2040, e stando a quanto attestano numerosi scienziati di istituti accademici e di ricerca, sarà impossibile per qualsiasi governo raggiungere gli obiettivi fissati dall’accordo di Parigi senza un importante spostamento verso diete a base vegetale, anche se le attuali emissioni di combustibili fossili venisse completamente fermato.
SOIA NEL PIATTO
Uno studio commissionato dal Wwf evidenzia come il 90% della soia che viene consumata da noi cittadini europei non sia l’ingrediente di una ricetta, bensì un consumo indiretto dovuto alla sua presenza nei mangimi necessari per ottenere tutti i derivati delle proteine animali. Il crescente consumo di carne, pesce, uova e latticini a livello mondiale ha determinato un incremento della produzione di soia, quintuplicata negli ultimi 40 anni. In particolare in Sud America le coltivazioni di soia penetrano sempre più nelle foreste e nelle savane ricche di biodiversità, che vengono trasformate in terreni coltivabili. Questo causa la perdita di specie, un notevole impatto sul cambiamento climatico e la perdita di fonte di sostentamento delle popolazioni indigene. Inoltre la soia, coltivata prevalentemente in monocolture, richiede un impiego elevato di pesticidi, che inquinano il suolo e le falde acquifere.
SVANTAGGI
Sul fronte opposto c’è chi sostiene che una dieta vegana non sia green. Secondo i fautori del consumo della carne la dieta vegana inquina in termini di consumi di risorse, soprattutto petrolifere e di utilizzo di fertilizzanti, ormai indispensabili per aiutare l’agricoltura e la filiera produttiva derivata. I fertilizzanti per sostenere la crescita di frutta e verdura determinano il rilascio nell’ambiente di contaminanti chimici. Ciò ovviamente ha un impatto tutt’altro che ecologico sul nostro pianeta.
© RIPRODUZIONE RISERVATA