Addio a Benedetto XVI, il Papa più rivoluzionario

La riforma della Curia, le inchieste sulla pedofilia, il dialogo con la scienza: se n’è andato l’uomo che ci ha insegnato l’umiltà dimettendosi da Pontefice

© Michele Ricci / Lapresse 19-04-2005 Città del Vaticano Interni Vaticano Conclave Eletto pontefice Joseph Ratzinger prende il nome di sua Santità Papa Benedetto XVI

NAPOLI – Dicono che se ne sia andato pregando, come ha fatto per la maggior parte della sua lunga vita. Novantacinque anni, quanto basta per assicurare a Benedetto XVI il titolo di “Pontefice più longevo nella storia della Chiesa”. Tanti, in realtà, i nomignoli affibbiati a quell’uomo minuto dalla voce sottile fin dagli anni Ottanta: da Panzer-Kardinal a Inquisitore quando era vescovo, da Papanazi a Paparazzi, da Rottweiler di Dio a Pastore Tedesco quando era Papa, con una perfida ironia che ha saputo cogliere solo l’aspetto esteriore del personaggio. Chissà se ora, con la morte che, benevola, riabilita tutto e tutti, la persona sarà compresa.

Il passaggio terreno di Joseph Aloisius Ratzinger, 265º papa della Chiesa cattolica dal 19 aprile 2005 al 28 febbraio 2013, reca con sè qualcosa di straordinario perché è stato caratterizzato non dall’aggiunta, ma dalla sottrazione. Dietro all’espressione austera del ‘papa tetesko’, dietro il ritorno alla tradizione delle liturgie, scambiato dai meno attenti per oscurantismo, c’è stato un lavoro di apertura che nessuno, neanche il ‘mitico’ Wojtila che nell’immaginario collettivo sta alla Chiesa come Pertini alla politica, ha fatto. E forse mai farà.
Le dimissioni da Papa, come 600 anni prima fece Celestino V, sono state solo l’ultimo e più evidente atto di un percorso rivoluzionario, iniziato quel Venerdì Santo in cui si trovò a condurre la Via Crucis al posto del morente Giovanni Paolo II. “Signore, spesso la tua Chiesa ci sembra una barca che sta per affondare, una barca che fa acqua da tutte le parti – disse al mondo – E anche nel tuo campo vediamo più zizzania che grano. Siamo noi stessi a tradirti ogni volta”. Non a caso il suo lavoro da “umile operaio della vigna del Signore” è cominciato con la Riforma della Curia. Non è stata radicale, ma almeno ci ha provato. Poi la modifica delle regole del conclave, esigendo lo svolgimento obbligatorio dello scrutinio. Nel 2006 il suo incontro con rappresentanti della scienza all’Università di Ratisbona, in Germania. Il discorso dedicato al dialogo tra fede e ragione provocò inizialmente reazioni allarmate in tutto il mondo e segnò per settimane i rapporti con l’Islam. Dura e nota la sua condanna alla pedofilia nel 2010, dopo lo scandalo scoppiato in Irlanda a seguito della pubblicazione dei rapporti Ryan e Murphy. Ratzinger scrisse una lettera ai fedeli cattolici d’Irlanda destinata a restare nella storia, esprimendo vergogna per l’accaduto e condannando i preti pedofili di aver tradito la fiducia dei giovani. Durante il suo pontificato Benedetto XVI ha poi compiuto numerosi viaggi apostolici in 21 Paesi di tutti i continenti, ribadendo sempre la necessità del rispetto delle diverse identità religiose e del dialogo. C’era altro che poteva fare Benedetto XVI e non ha fatto? Magari sì, tutti possiamo fare sempre di più. Ma non tutti siamo in grado di fare la rivoluzione senza alzare la voce. Non tutti siamo in grado di vedere le rovine che abbiamo in casa. Non tutti, in un mondo in cui si scalpita per la prima fila, siamo in grado di fare un passo indietro. Grazie Papa Benedetto per la tua grande lezione di umiltà.

Gesù, ti amo: le ultime parole pronunciate prima di spirare

“Con dolore informo che il papa Emerito, Benedetto XVI, è deceduto oggi alle ore 9:34, nel Monastero Mater Ecclesiae in Vaticano. Non appena possibile seguiranno ulteriori informazioni.” Con queste parole il 31 dicembre scorso il direttore della Sala Stampa vaticana ha dato notizia della morte del papa Emerito, poco più di un’ora dopo che Joseph Ratzinger ha esalato l’ultimo respiro. Indiscrezioni riportate dalla stampa estera dicono che le ultime parole pronunciate sul letto di morte siano state “Gesù, ti amo”. Una vita dedicata alla Chiesa e al suo sposo, tant’è che anche il giorno prima di morire, nonostante le condizioni precarie di salute, Ratzinger ha concelebrato, dalla sua stanza, la messa. E’ stato lucido fino alla fine e pare abbia rifiutato un ricovero ospedaliero: “Era sereno ed è andato incontro alla morte con l’accettazione di chi sa che la vita finisce e da lì ci si mette in cammino verso Dio”, hanno riferito le persone che sono state intorno a lui fino alla fine, ovvero le consacrate laiche di Comunione e Liberazione, fra Eligio, il medico Patrizio Polisca e monsignor Georg Gaenswein.

L’ultima immagine pubblica di papa Ratzinger risale al primo dicembre: Benedetto XVI riceve il biblista francese padre Michel Fédou e il giurista ebreo, il professor Joseph Weiler, appena insigniti del Premio Ratzinger. Con loro ci sono il presidente della Fondazione Ratzinger, padre Federico Lombardi, e monsignor Gaenswein, il suo segretario. La Fondazione, postando la foto sui social, aveva fatto sapere che i due accademici avevano potuto conversare con Benedetto XVI e illustrargli il proprio lavoro. Benedetto, con l’abito bianco che ha sempre voluto mantenere anche dopo le dimissioni, ha al polso una specie di orologio nero: è una sorta di telesoccorso che aiuta a velocizzare le operazioni di aiuti in caso di malore o di caduta. Dal primo dicembre non si registrano più incontri pubblici. La salute del papa, 95 anni, è precaria, in Vaticano si sussurra che quello appena passato potrebbe essere il suo ultimo Natale. Così è stato.

“I tratti bui del mio cammino la mia salvezza, Dio mi ha aiutato”

“Se in quest’ora tarda della mia vita guardo indietro ai decenni che ho percorso, per prima cosa vedo quante ragioni abbia per ringraziare. Ringrazio prima di ogni altro Dio stesso, il dispensatore di ogni buon dono, che mi ha donato la vita e mi ha guidato attraverso vari momenti di confusione; rialzandomi sempre ogni volta che incominciavo a scivolare e donandomi sempre di nuovo la luce del suo volto. Retrospettivamente vedo e capisco che anche i tratti bui e faticosi di questo cammino sono stati per la mia salvezza e che proprio in essi Egli mi ha guidato bene”: sono le parole che Joseph Ratzinger ha affidato al suo testamento spirituale, reso noto ieri dal Vaticano. Un lungo passaggio dedicato ai genitori e alla sorella, nonchè alla sua terra, la Bavaria, e ai collaboratori che lo hanno affiancato in questi anni. “Prego affinché la nostra terra resti una terra di fede e vi prego, cari compatrioti: non lasciatevi distogliere dalla fede. E finalmente ringrazio Dio per tutto il bello che ho potuto sperimentare in tutte le tappe del mio cammino, specialmente però a Roma e in Italia che è diventata la mia seconda patria. A tutti quelli a cui abbia in qualche modo fatto torto, chiedo di cuore perdono”.

Saldi nella fede, il monito di Ratzinger: “Quello che prima ho detto ai miei compatrioti, lo dico ora a tutti quelli che nella Chiesa sono stati affidati al mio servizio: rimanete saldi nella fede! Non lasciatevi confondere! Spesso sembra che la scienza — le scienze naturali da un lato e la ricerca storica (in particolare l’esegesi della Sacra Scrittura) dall’altro — siano in grado di offrire risultati inconfutabili in contrasto con la fede cattolica. Ho vissuto le trasformazioni delle scienze naturali sin da tempi lontani e ho potuto constatare come, al contrario, siano svanite apparenti certezze contro la fede, dimostrandosi essere non scienza, ma interpretazioni filosofiche solo apparentemente spettanti alla scienza; così come, d’altronde, è nel dialogo con le scienze naturali che anche la fede ha imparato a comprendere meglio il limite della portata delle sue affermazioni, e dunque la sua specificità”. “Sono ormai sessant’anni che accompagno il cammino della Teologia, in particolare delle Scienze bibliche, e con il susseguirsi delle diverse generazioni ho visto crollare tesi che sembravano incrollabili, dimostrandosi essere semplici ipotesi: la generazione liberale (Harnack, Jülicher ecc.), la generazione esistenzialista (Bultmann ecc.), la generazione marxista. Ho visto e vedo come dal groviglio delle ipotesi sia emersa ed emerga nuovamente la ragionevolezza della fede. Gesù Cristo è veramente la via, la verità e la vita — e la Chiesa, con tutte le sue insufficienze, è veramente il Suo corpo. Infine, chiedo umilmente: pregate per me, così che il Signore, nonostante tutti i miei peccati e insufficienze, mi accolga nelle dimore eterna”, conclude Ratzinger nel suo testamento spirituale.

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