MILANO (LaPresse) – Il 91% dei comuni italiani è a rischio dissesto idrogeologico e oltre 3 milioni di nuclei familiari risiedono in queste aree ad alta vulnerabilità. La drammatica fotografia è contenuta nel rapporto ‘Dissesto idrogeologico in Italia’ dell’Ispra, che rileva un peggioramento della situazione nel 2017 rispetto a due anni prima. Quando la percentuale di comuni era l’88%. Aumenta poi la superficie potenzialmente soggetta a frane (+2,9%) e quella potenzialmente allagabile nello scenario medio (+4%). Vale a dire per eventi che si verificano in media ogni 100-200 anni.
Dissesto idrogeologico: quali sono le aree più a rischio
Complessivamente, il 16,6% del territorio nazionale è mappato nelle classi a maggiore pericolosità per frane e alluvioni (50mila kmq). Quasi il 4% degli edifici italiani, oltre 550mila, si trova in aree a pericolosità da frana elevata e molto elevata. Sono oltre 7 milioni le persone che risiedono nei territori vulnerabili, più di 1 milione in aree ad alta pericolosità.
Le percentuali più consistenti si trovano in Emilia-Romagna, Toscana, Campania, Lombardia, Veneto e Liguria. In nove regioni (Valle D’Aosta, Liguria, Emilia-Romagna, Toscana, Umbria, Marche, Molise, Basilicata e Calabria) il 100% dei comuni è a rischio idrogeologico. Mentre l’Abruzzo, il Lazio, il Piemonte, la Campania, la Sicilia e la Provincia di Trento hanno percentuali di comuni a rischio tra il 90% e il 100%.
Le industrie e il patrimonio culturale
Le industrie e i servizi posizionati in aree a pericolosità da frana elevata e molto elevata sono quasi 83mila, con oltre 217mila addetti esposti a rischio. Il numero maggiore di edifici è in Campania, Toscana, Emilia-Romagna e Lazio. Minacciato anche il patrimonio culturale italiano. Secondo l’Ispra, nelle aree franabili ci sono quasi 38mila beni, dei quali oltre 11mila ubicati in zone ad alto rischio.
Mentre sfiorano il tetto di 40mila i monumenti a rischio inondazione nello scenario a scarsa probabilità di accadimento o relativo a eventi estremi. Ipotesi da tenere comunque in considerazione, per quanto rari, considerato che i danni sarebbero, sottolinea l’Ispra, “inestimabili e irreversibili”.