Arcelor Mittal, è stallo sulla vertenza. La procura chiude l’altoforno 2

Altro nodo quello della cassa integrazione per circa 1.400 lavoratori che i sindacati chiedono sia revocata

Stabilimento siderurgico dell'Ilva a Taranto
Foto Vincenzo Livieri - LaPresse

MILANO – Non si sblocca la vertenza ArcelorMittal. Il tavolo di confronto convocato al Mise si è concluso, come denunciato dai sindacati, con un nulla di fatto sulla gestione della cassa integrazione e anche il nodo dell’immunità per i vertici dell’azienda è rimasto irrisolto. Anche se il ministro Di Maio ha confermato di non voler fare passi indietro.

La procura chiude l’altoforno 2

E a complicare il quadro è arrivato anche l’intervento della Procura di Taranto che ha disposto l’avvio delle procedura di spegnimento dell’altoforno 2 dell’impianto ex Ilva, che era stato sottoposto a sequestro preventivo nel giugno del 2015. Dopo un incidente mortale costato la vita a un operaio 35enne, investito da una colata di ghisa incandescente mentre misurava la temperatura dell’impianto. E su questo punto, come riferito dai sindacati, Di Maio ha comunicato che il Governo sta interloquendo con la Procura e ha chiesto di sospendere il provvedimento di spegnimento.

Immunità penale, Di Maio dice no

Sul fronte della vertenza il ministro Di Maio ha comunque ribadito che “non esiste alcuna possibilità che torni l’immunità penale. In questi mesi – ha aggiunto Di Maio – ho sempre detto ad Arcelor Mittal che la dirigenza dell’azienda non ha nulla da temere dal punto di vista legale se dimostra buona fede continuando nell’attuazione del piano ambientale. Se si chiede di precisare questo concetto attraverso interpretazioni autentiche, siamo assolutamente disponibili. Ma nessuna persona in questo paese potrà mai godere di una immunità per responsabilità di morti sul lavoro o disastri ambientali”.

Resta il nodo sulla cassa integrazione

Altro nodo quello della cassa integrazione per circa 1.400 lavoratori che i sindacati chiedono sia revocata. E al termine dell’incontro sull’insieme della situazione Di Maio ha lasciato intendere che la strada è ancora lunga. “Continuiamo a lavorare, c’è ancora tanto da fare per i lavoratori e per Taranto”, ha scritto su Facebook.

La delusione dei sindacati

Sindacati delusi. Sintetizza il segretario della Fim Cisl Marco Bentivogli: “Si è chiuso con un nulla di fatto, ora serve responsabilità o salta tutto”. In particolare per Bentivogli “l’incertezza sullo scudo penale va sciolta il prima possibile perché non si possono scaricare sui lavoratori, e sulle loro famiglie, i rischi della chiusura degli impianti. Rispetto alla richiesta di cassa integrazione, riteniamo che l’azienda abbia già le necessarie flessibilità per affrontare il calo della domanda di acciaio. Senza dover ricorrere agli ammortizzatori sociali. Per questo chiediamo il ritiro della procedura di cassa integrazione”. Dura anche la segretaria Fiom Federica Re David: “Non ci hanno dato nessuna risposta per il futuro, l’azienda non ha dato nessuna disponibilità a rivedere la decisone della cassa integrazione”.

(LaPresse/di Paolo Tavella)

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