Arroganza senza fine

Lp - Photo by Piero Cruciatti/ Afp

Un nuovo capitolo si è aggiunto alla saga ormai senza fine delle dimostrazioni di arroganza da parte di Società Autostrade nella triste vicenda del dopo crollo del Ponte Morandi di Genova.

Al termine del Cda di ieri mattina la concessionaria ha comunicato di aver ottemperato a “un puntuale adempimento degli obblighi concessori”.

Immediate le risposte stizzite del ministro Toninelli e del vicepremier Di Maio. Quello che più colpisce, però, è come dal 14 agosto, data della tragedia in cui sono morte 43 persone, a oggi, non siano stati in grado di mostrare almeno un minimo di empatia nei confronti delle vittime, dei loro familiari e della popolazione tutta.

Ovviamente risulta comprensibile come Società Autostrade cerchi di salvaguardare preventivamente la sua posizione. Soprattutto a tutela dei suoi azionisti (prima di tutto Atlantia, cassaforte della famiglia Benetton di fatto proprietaria di Autostrade) in quella che si preannuncia come una dura battaglia legale se il governo porrà fede al suo impegno di requisire la concessione. La stessa Atlantia che dal giorno del crollo del viadotto Polvecera è a sua volta crollata nelle quotazioni a Piazza Affari.

Ma anche in un mondo in cui il valore di Borsa viene prima di tutto ci dovrebbe essere un limite alla decenza. E questo limite è stato ampiamente, e più volte, superato dalla dirigenza di Autostrade per l’Italia e dai suoi azionisti.

Niente scuse, nessuna assunzione di responsabilità

Ancora dal 14 agosto non è stata mai presentata una vera dichiarazione di scuse, non un’ammissione di responsabilità, non un segno di compassione concreta. E quel poco che è stato fatto (le proposte di risarcimento ai parenti delle vittime e agli sfollati) è talmente scarso da rasentare, se non oltrepassare, il limite del ridicolo. Va però dato atto in particolar modo alla regione Liguria, guidata dal filo leghista Toti, di star davvero facendo tutto quanto è in proprio potere per aiutare gli sfollati.

E quello che dovrebbe stupire di più è che in tutto questo sono coinvolti proprio i Benetton. I rappresentanti in Italia, cioè, di quel capitalismo à la page, sempre in prima fila quando c’è da fare qualche battaglia progressista. Sui gay, o sul razzismo o su qualsiasi altro tema l’agenda liberal impone come di moda.

Lo stesso dicasi del loro scudiero Toscani, che non perde occasione per parlare e straparlare, ma sulla tragedia di Genova ha saputo solo dire che è “eccessivo” l’accanimento contro i suoi storici datori di lavoro.

Ma, viene spontaneo domandarsi, se non si chiede conto di quanto avvenuto a chi della manutenzione e cura di quel ponte aveva la responsabilità (anche, perciò, al ministero dei Trasporti), a chi mai si dovrebbe chiedere?

Onori e oneri

L’azienda che da anni gode di aumenti ben oltre il tasso di inflazione dei pedaggi che esige da tutti. Fino alla strage di Genova pure alle ambulanze in servizio. A chi se non agli azionisti si dovrebbe chiedere ragione di cosa non ha funzionato? Il che non vuol dire ovviamente affermare che siano colpevoli a priori, ma se non altro che si pongano in un atteggiamento umile e non dell’arrogante che dice “non è colpa mia”.

Davanti a tale superbia il governo non può arretrare assolutamente dalla procedura di revoca. Ne va del rispetto che si è guadagnato davanti a gran parte della popolazione. Rispetto evidente negli applausi che gli sono stati riservati ai funerali. E ne va del suo stesso onore.

Una volta revocata la concessione si valuterà se nazionalizzare o assegnare ad altro concessionario privato, anche se di certo l’Anas non risulta essere un esempio di efficienza. Valga come esempio su tutti un altro viadotto Morandi. Quello di Agrigento, collegamento essenziale per quella zona, che è ormai chiuso da due anni. E di cui ancora non si sa cosa fare. Bisogna tuttavia sottolineare che per le strade attualmente manutenute da Anas essa per i fondi fa riferimento alla fiscalità generale, e non ai pedaggi come potrebbe essere nel caso di Autostrade.

Ma, ribadisco, questo è un aspetto secondario che potrà essere valutato più avanti. Non è invece reversibile la procedura di revoca ad Autostrade per l’Italia. Perché una volta per tutte si capisca che anche in Italia è giusto che chi sbaglia si assuma le proprie responsabilità.

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