Atreju, il campo largo

Credo sia noto a quasi tutti quelli che ancora seguono, direttamente, le vicende politiche italiane, oppure si tengono aggiornati attraverso le notizie di stampa, che in Italia si svolgono due grandi manifestazioni giovanili di impronta para-politica e sociale. La prima è quella che Comunione e Liberazione, il movimento fondato dal teologo milanese don Luigi Giussani, tiene a Rimini alla fine di ogni estate su tematiche politiche, spirituali, culturali, annunciate da titoli a volte profetici, a volte bizzarri. Alla kermesse dei giovani del movimento cattolico partecipano per una settimana gli esponenti di spicco del mondo politico e del governo. Uomini noti ed affermati, che istruiscono la platea dei militanti normalmente sempre numerosi. La seconda manifestazione, anche se a ranghi più ridotti, si chiama Atreju ed è quella che, dal 2006, si svolge a Roma, patrocinata dal movimento giovanile di Fratelli d’Italia. Come piace dire a Giorgia Meloni, che ne è un po’ l’anima (oltre che la leader di FdI), si tratta di una manifestazione politica ma non partitica, dedicata a queì giovani che ancora credono nei valori politici della destra italiana. Il nome stesso, Atreju, è tratto dal protagonista una storia fantastica, “un giovane impegnato nel confronto quotidiano contro le forze del nulla, contro un nemico che logora la fantasia della gioventù, ne consuma le energie, la spoglia di valori ed ideali, sino ad appiattirne le esistenze”. Insomma questi due avvenimenti rimettono in campo l’importanza e la centralità della cultura politica, i valori fondanti delle militanza, l’impegno per un’idea di società declinata dal proprio punto di vista. Nella seconda repubblica questi due eventi sono rimasti gli unici a testimoniare e corroborare l’idea che la politica abbia come presupposto l’idealità e come fine il bene comune. D’altronde è passato da un pezzo il tempo della prima repubblica, quello in cui ogni forza politica organizzava la propria “festa”: un raduno per iscritti e militanti ai quali venivano offerte diverse opzioni. Quelle politiche, sotto forma di dibattiti e confronti ad alto livello (mostre celebrative, interventi dei big del partito), e quelle con l’offerta di svago culinario e musicale. Un happening nel quale ci si riconosceva e si sentiva rappresentata la propria identità culturale. Spariti i partiti di massa con connotazioni identitarie, sono sparite anche quelle forme di partecipazione consapevole ed attiva. Quei partiti avevano anche gruppi di impegno politico e movimenti giovanili perfettamente integrati negli organismi dirigenti, nonché scuole ove si selezionava e si strutturava culturalmente la futura classe dirigente. Roba seria per una politica presa sul serio, con uomini dediti alla consapevole militanza ed al servizio dell’ideale. Le vestigia di quel mondo le si rintraccia tra quel che rimane, come abbiamo già accennato, ed Atreju in questi giorni ne dà conferma attraverso l’attenzione che riesce a suscitare e la qualificata partecipazione degli ospiti convenuti. Quel poco che stona è rappresentato dalla Meloni che fa la parte della presentatrice e ruba la ribalta agli altri, confermando la deriva personalistica del suo partito politico. Tuttavia il dibattito risulta interessante perché ad Atreju ruotano, sul proscenio, anche grillini ed uomini della sinistra di governo, in un clima dialogico corretto e pacato, che alla fine lascia intuire che ciascuno, in questo momento, è alla ricerca più di ciò che può far convergere di ciò che può dividere. La posta in gioco è molto alta: quella del Quirinale. E la cautela ed il tatticismo la fanno da padrone seppellendo, si spera definitivamente, finanche lo stereotipo di definire la destra sempre come una pericolosa, nostalgica propaggine del Fascismo. Se questo ultimo aspetto resisterà oltre la contingenza del voto per la scelta del Capo dello Stato, sarà comunque un bene per la dialettica e la politica nazionale. Il termine che definisce questa fase idilliaca del rapporto tra forze politiche è stato coniato da Enrico Letta, segretario del Pd, come “campo largo”, uno spazio nel quale ricercare il concorso per poter eleggere l’inquilino del Colle. In verità il neologismo era stato pensato per essere applicato al “campo largo” delle forze che sostengo il governo di Mario Draghi, ma con scarso successo. Matteo Renzi (Iv) e Giuseppe Conte (M5S), infatti, giocano per conto loro e così anche Matteo Salvini (Lega) che ciondola tra governo ed opposizione. Se questo è il quadro ad un mese dal voto del successore di Mattarella, c’è da dire che anche la Meloni potrà essere della partita la qual cosa allarga le scelte e le incognite al tempo stesso. Per quanto qualificata la cornice di Atreju e buono il confronto, temo che ne possa scaturire una sorta di tutti contro tutti. Un viatico che indurrebbe a pensare al “campo largo” occasionale entro il quale in genere si scelgono i cavalli più mansueti non quelli più brillanti.

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