Bankitalia, Visco: “L’Italia più povera senza l’Europa”

Le considerazioni del governatore Visco durante il rapporto Bankitalia 2018: "L'Unione fondamentale per tornare stabili"

Foto Roberto Monaldo / LaPresse in foto il Governatore della Banca d'Italia Ignazio Visco

NAPOLI – “Saremmo stati più poveri senza l’Europa e lo diventeremmo se dovessimo farne un avversario”: il governatore di Bankitalia Ignazio Conte tira le somme sul rapporto tra l’Italia e l’Unione. Mentre il Pil italiano è in frenata Visco, nelle considerazioni finali che accompagnano la relazione annuale su Bankitalia del 2018, invita il governo giallo-verde a non assumere un atteggiamento anti-europeista. “Addossare all’Europa le colpe del nostro disagio è un errore; non porta alcun vantaggio e distrae dai problemi reali. L’appartenenza all’Unione è fondamentale per tornare su un sentiero di sviluppo stabile” ha dichiarato l’economista senza mezzi termini.

Crescita in calo in Italia e ritardi nell’area Euro: “Gli altri Paesi hanno fatto meglio”

Il governatore non risparmia le critiche all’Unione. Colpevole, ai suoi occhi, di aver rallentato il processo di europeizzazione. Fino a puntare il dito sulla “inadeguatezza della governance economica dell’area euro” emersa durante la ‘crisi dei debiti sovrani’. Eppure la debolezza dell’economia italiana non è da imputare all’Europa. Le cause del fallimento sono da ricercare altrove: “Tutti gli altri Stati membri hanno fatto meglio di noi. Quelli che sono talvolta percepiti come costi dell’appartenenza all’Euro sono, in realtà, il frutto del ritardo con cui il Paese ha reagito al cambiamento tecnologico e all’apertura dei mercati a livello globale”.

Immigrazione e fuga dei cervelli: “Sta a noi maturare la consapevolezza dei problemi”

E’ inutile, per Visco, incolpare l’europa per i problemi dell’Italia. Come per il tema dell’immigrazione: “Sta a noi maturare la consapevolezza dei problemi e risolverli. Da qui al 2030, senza il contributo dell’immigrazione, la popolazione di età compresa tra i 20 e i 64 anni diminuirebbe di 3 milioni e mezzo. Calerebbe ulteriormente di ulteriori 7 nei successivi 15 anni”. Discorso molto simile quello da affrontare per la fuga dei cervelli: “La produttività e la capacità imprenditoriale dell’Italia risentono negativamente del progressivo aumento delle quote di giovani e di laureati che ogni anno lasciano l’Italia. L’emigrazione dei giovani ha raggiunto lo 0,5% nel 2017, quintuplicandosi nell’arco di dieci anni, quella dei laureati è raddoppiata”.

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