Biodiversità, l’Europa avanza piano

Lontani gli obiettivi fissati per il 2030, l’Italia è quinta nella graduatoria continentale

NAPOLI (Francesco Pari) – Secondo uno studio condotto da un gruppo internazionale di ricercatori, guidato da studiosi dell’Università di Bologna, i paesi dell’Unione Europea sono ancora lontani dall’obiettivo, fissato per il 2030, di garantire aree a protezione integrale nel 10% del loro territorio. Questo traguardo ambizioso è stato ideato per proteggere la biodiversità e invertire il degrado degli ecosistemi. L’Italia si posiziona al quinto posto tra i paesi più virtuosi, superata solamente da Lussemburgo, Svezia, Finlandia e Lettonia, ma fermandosi appena sopra la metà dell’obiettivo, con il 5,1% del suo territorio a cui è garantita una protezione integrale.
La ricerca, pubblicata sulla rivista “Biodiversity and Conservation” con il titolo “Analysing the distribution of strictly protected areas toward the EU2030 target”, rappresenta la prima analisi a livello europeo sulle aree rigorosamente protette. Queste aree sono classificate dall’Unione Internazionale per la Conservazione della Natura (IUCN) come riserve integrali, aree wilderness e parchi nazionali, dove l’ambiente naturale è conservato nella sua integrità e l’intervento umano è limitato.
La distruzione, il degrado e la frammentazione degli habitat sono le principali cause della perdita di biodiversità, e ciò sta contribuendo alla sesta estinzione di massa. Attualmente, escludendo l’Antartide, più del 70% delle terre emerse e circa il 90% degli oceani è stato alterato dalle attività umane. In Europa, non esiste più un’area contigua superiore a 10.000 chilometri quadrati priva di impatti umani. Tuttavia, ci sono ancora aree con un’elevata selvaticità ed ecosistemi relativamente integri, principalmente all’interno di aree protette.
Nel maggio 2020, è stata firmata la “Strategia europea per la biodiversità per il 2030”, un piano ambizioso per proteggere la biodiversità e invertire il degrado degli ecosistemi. L’Unione Europea mira ad espandere la rete delle aree protette fino al 30% del suo territorio, con una protezione integrale del 10% della superficie terrestre e marina per tutti i paesi membri. Il raggiungimento di questo obiettivo è fondamentale per garantire la conservazione a lungo termine dei processi ecosistemici e il mantenimento di alti livelli di biodiversità (foto Lp).
Lo studio ha analizzato le diverse aree protette europee per quantificare la percentuale di territorio a cui è garantita una protezione integrale in ciascun paese. Ad eccezione del Lussemburgo, che supera il 35% di territorio protetto, l’unico altro paese che raggiunge l’obiettivo del 10% è la Svezia, con la Finlandia molto vicina. L’Italia si posiziona al quinto posto, con il 5,1% di territorio a protezione integrale, mentre Francia e Germania sono gli ultimi della classifica, con meno dell’1%.
I ricercatori hanno rilevato che molte delle aree protette si trovano in luoghi già meno soggetti a disturbi derivanti dall’attività umana, come le fasce montuose ad alta quota. Al contrario, sono pochissime le aree strettamente protette a bassa quota e in pianura. Pertanto, secondo il professor Roberto Cazzolla Gatti, biologo della conservazione all’Università di Bologna, è importante concentrarsi sulla tutela integrale di aree in pianura e collina, oltre che delle zone di alta quota.
Tuttavia, lo studio ha evidenziato che la situazione potrebbe essere ancora peggiore di quanto rappresentato, poiché la gestione di alcune aree protette, come le zone periferiche dei parchi nazionali, non corrisponde sempre a una protezione integrale. Alcuni parchi nazionali, infatti, consentono attività come silvicoltura, agricoltura, caccia o pascolo di animali domestici in alcune aree, nonostante siano classificati come strettamente protetti.
Per raggiungere gli obiettivi fissati dalla Strategia UE 2030 per la biodiversità, ogni paese membro deve individuare un numero sufficiente di territori da proteggere integralmente per raggiungere il traguardo del 10%. Una possibile soluzione potrebbe essere quella di adottare un approccio di conservazione più rigoroso per le aree che attualmente dispongono di una protezione inferiore. Ad esempio, le aree Natura 2000, la rete ecologica europea per la conservazione della biodiversità, presentano attualmente una buona copertura paesaggistica, ma una bassa protezione rigorosa nella maggior parte dei paesi e in molti parchi nazionali.
Per garantire la persistenza della biodiversità e dei processi naturali, le aree protette a protezione integrale devono essere considerate come luoghi in cui i processi ecologici ed evolutivi possono svolgersi senza disturbi significativi. Pertanto, è necessario limitare e controllare attentamente le attività umane in queste aree, vietando estrazioni minerarie, deforestazioni, acquacoltura ed edilizia che potrebbero compromettere la biodiversità e gli ecosistemi.
La conservazione della biodiversità richiede una rigorosa azione di cooperazione internazionale tra i paesi e l’impegno dei singoli stati nel individuare e proteggere le aree nazionali. Nonostante i progressi compiuti finora, c’è ancora molto lavoro da fare per garantire la conservazione della biodiversità in Europa e proteggere gli ecosistemi vitali per il nostro pianeta. E l’Italia continua a non stare al passo. La strada resta lunga, lunghissima. E il tempo stringe. Drammaticamente. Gli obiettivi restano purtroppo lontani e il rischio di perdere ancora terreno molto alto. Inoltre gli ultimi flop dei summit internazionali sul tema non inducono a essere particolarmente ottimisti.
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