Brucellosi, rischio nuova strage: caos in Regione sulla terza prova

Palazzo Santa Lucia dà il via libera al test Elisa, non previsto dal Piano di eradicazione poi fa dietrofront. Gli allevatori: “Dilettanti, ora i controlli diretti o finiranno in tribunale”

NAPOLI (Sergio Olmo) – E’ il 3 novembre 2023 quando il direttore del Dipartimento di prevenzione e sanità pubblica veterinaria della Regione Campania, Paolo Sarnelli, non si sa bene se motu proprio o su indicazione di chi, decide di andare oltre. Oltre il contestato Piano di eradicazione della brucellosi bufalina, oltre, evidentemente, ogni logica. E così, sempre alla ricerca di brucelle perdute, diramata a tutti i naviganti, veterinari in primo luogo, una nota in cui chiede di affiancare alle prove Sar e Fdc anche l’Elisa, prova sempre indiretta. Non una prova diretta, dunque, non una prova prevista dal Piano, ma una prova complementare prevista dall’Oie l’organizzazione mondiale della sanità animale e ben disciplinata anche dall’Unione Europea. Una prova complementare particolarmente sensibile che Sarnelli invita a praticare in diversi casi, praticamente un po’ tutti quelli delle aree cluster e che dà subito una marea di casi sospetti positivi. Molti di più di quelli fino ad ora individuati con le altre due prove indirette, con buona sorte di chi avrebbe potuto specularci, visto che, come è noto, le carni di animali infetti da brucella sono non solo commestibilissime ma acquisibili a prezzi stiacciatissimi. Ma c’è un ma. Parliamo di ulteriori casi sospetti dei quali, però, la legge impone la conferma con prove dirette. “Quelle che fino ad oggi – sostengono diversi allevatori infuriati – si sono sempre rifiutati di fare”. Quanto è bastato insomma per una brusca retromarcia: il 3 dicembre, infatti, è lo stesso Sarnelli a sospendere di fatto l’Elisa, la prova complementare che se positiva impone approfondimenti diagnostici inequivocabili quelle che cioè potrebbero escludere definitivamente reazioni falsamente positive. Un ennesimo passo falso per Regione, dell’Istituto Zooprofilattico e veterinari chiamati ad attuare il piano, sostengono gli allevatori da anni in protesta per le conseguenze devastanti dei piani di eradicazione della Regione (oltre 100 abbattimenti per sospetta brucellosi o tubercolosi di capi nei quali post mortem non si è trovato il patogeno). Ad ammettere la possibilità della Terza prova, l’Elisa, era stato peraltro l’Istituto Zooprofilattico di Teramo che è il centro di referenza nazionale per la brucellosi che, tuttavia, proprio per la specifica sensibilità del test e per le conseguenze che lo stesso avrebbe potuto provocare, aveva suggerito cautela, estrema cautela. Non a caso, dunque, che con questo test non puoi ordinare l’abbattimento della stalla ma solo disporre l’isolamento dei capi sospetti positivi e sei inoltre tenuto a eseguire gli esami diretti, cioè quelli previsti per la conferma dei casi sospetti, come disciplina l’articolo 9 del Regolamento Europeo 689 del 2020. Un percorso insomma obbligato. Per migliaia di capi? Nel caso di specie parrebbe di sì. Test diretti per ogni singolo animale. Con tutto quel che ne consegue. Un’auto-beffa, insomma, ancor più perché attivato al di fuori del Piano regionale come prova complementare. E questo spiegherebbe dunque il perché dello stop alla terza prova disposto dalla Regione. “E’ successo che adesso si sono resi conto che con la terza prova complementare non possono abbattere gli animali, tant’è che possono disporre solo l’isolamento precauzionale e sono tenuti a fare, questa volta davvero, gli esami di conferma. Sono obbligati. Sennò li portiamo in tribunale”. Interpellato da Cronache, parla Adriano Noviello, allevatore e presidente dell’Associazione di difesa della bufala mediterranea. ’ideale, raccontano in molti, sarebbe stato l’attuazione di un protocollo sperimentale. Una sperimentazione guidata con tanto di verificazione dei dati emergenti e delle relative conseguenze, in sostanza, visto che l’Elisa, nello specifico caso della brucellosi bufalina, non ha ancora validazioni certe. “Gli allevatori non si sono mai opposti alle sperimentazioni diagnostiche o terapeutiche che potessero in qualche modo far progredire la conoscenza del sistema immunitario delle bufale di cui si sa ancora poco. Ma il fatto che questo test sia stato calato dall’alto senza un minimo confronto con gli allevatori, come è capitato in passato, non depone bene”, spiega Noviello. “Aggiungo – rimarca – che mai come in questi casi andrebbe previsto il diritto all’autocontrollo perché se l’allevatore ha i capi in isolamento e cioè in quarantena, l’autocontrollo è fondamentale. La cosa che fa più rabbia – sottolinea – è che non c’è un solo veterinario che dica qualcosa. Hanno tre sigle sindacali ed il silenzio è assoluto. Nessuno che dica che è tutto sbagliato, che il Casertano è l’unico territorio che non ha allevamenti intensivi, l’unico che è in saldo positivo con le emissioni di CO2 e che qui sono nate tecnologie verdi copiate in tutto il mondo. Qui abbiamo creato una ricchezza enorme. Non è che siamo ricchi noi, nonostante il lavoro durissimo e l’impossibilità di prenderci anche solo un paio di giorni di ferie. Oggi, nonostante il menefreghismo di chi ci governa, l’imprenditore medio investe centinaia di migliaia di euro per foraggi, materie prime, gasolio, sementi, tecnologie ed altro. Un indotto incredibile che crea ricchezza sul territorio. E nessuno dice niente. E’ dal 2016 che i veterinari avrebbero dovuto tenere l’intera provincia sotto controllo, che avrebbero dovuto suggerire le vaccinazioni. Niente di niente. Che rabbia. Adesso dovranno fare i test di conferma, le prove dirette ad ogni capo risultato positivo all’Elisa – aggiunge – e se non lo faranno andremo in tribunale”.
© RIPRODUZIONE RIS

LASCIA UN COMMENTO

Inserisci il tuo commento
Inserisci il tuo nome