Cambiare per non morire

La storia del Covid-19 è fatta di un’altalena di notizie che si rincorrono e si smentiscono a distanza di qualche mese. Una sola cosa resta immutabile: la sensazione che da questa vicenda epidemica non ne usciremo tanto facilmente. Non basta, tuttavia, questa generica affermazione tratta dal fatto che, a quasi due anni dallo scoppio del morbo, poco o niente sappiamo ancora con certezza su questo maledetto virus. Se distinguiamo, infatti, la propaganda governativa dalla realtà, le ottimistiche previsioni degli scienziati “ortodossi” – ovvero quelli ligi ad assecondare sempre ed ovunque le tesi governative – dall’andamento della pandemia, è possibile trarre una personale opinione. Innanzitutto il virus non è (progressivamente) sparito grazie al cosiddetto “effetto gregge”, ovvero all’aumento del numero dei vaccinati.

Non dobbiamo dimenticare come proprio sulla base di questa previsione, si sia imperniata tutta la sicumera degli scienziati di regime, quelli posti dal potere politico ai vertici delle istituzioni sanitarie, e la reiterata promessa dell’esecutivo governativo che il sistema di prevenzione e cura adottato fosse quello ottimale. Insomma, per dirla in altre parole: un diffuso conformismo ha negato, da mesi, che, per debellare il Covid, occorresse mettere in atto una diversa strategia in grado di accompagnare, non certo per differire, la sola inoculazione di massa del vaccino. Fuor di metafora: che la vaccinazione non desse garanzie certe ed esaurienti lo si sapeva da subito, ma l’omologazione delle politiche governative (a livello internazionale), ha fatto in modo che l’epitaffio sul fenomeno fosse il celebre “così fan tutti”.

Tuttavia la patologia non è affatto sparita ed, anzi, si manifesta a fasi alterne con recrudescenza del fenomeno infettivo ad ogni variante del Covid. Di fronte ad un virus ad RNA, che ogni quindici giorni cambia, l’evenienza delle “mutazioni” che interessano la proteina Spike, erano e sono certamente prevedibili e come tali portatrici di mutazioni e della conseguente diffusione del morbo. Sarebbe bastata questa semplice osservazione per comprendere quanto fallace potesse essere fare affidamento sulla sola politica vaccinale, a meno che non si ipotizzasse uno stato di perenne mobilitazione per vaccinare ed immunizzare la popolazione dalle varianti!

In disparte i dubbi sui fenomeni di reazioni avverse, l’assenza di un’anagrafe vaccinale, la burocratica inefficienza statalista dell’Aifa (Agenzia italiana per il farmaco), ricettacolo di politici trombati, il balletto sulla somministrazione del vaccino AstraZeneca, le difformi indicazioni per coloro i quali hanno avuto la malattia, assenza di nozioni certe sulla durata dell’immunità. La verità espunta dai fenomeni summenzionati è semplice ed al tempo stesso tremenda: la vaccinazione di massa non è un rimedio definitivo! Da sola non basta! L’avanzare della variante Delta è una delle tante e non è sicuramente coperta dal vaccino che, in questo caso, serve solo ad attenuare i sintomi, evitare i ricoveri e la mortalità diffusa. Invece di ragionare su come arginare tale fenomeno che già a settembre potrebbe riportarci agli esiziali esiti economici e sociali delle “zone rosse”, con chiusure e tamponi di massa, si pensa ad inasprire le pene e le interdizioni per quanti non si sono vaccinati.

Un obbligo smentito dai Tar perché vìola il dettato costituzionale. Peraltro imposto anche agli individui con genomi particolari che li rendono refrattari alla malattia. Un fenomeno, quest’ultimo, più volte evidenziato dai genetisti che ribadiscono la presenza di particolari polimorfismi (mutazioni genetiche) in una parte della popolazione resa immune. Si tratta di condizioni peculiari pre esistenti in taluni ambiti territoriali verificatasi anche in Cina, ove gli abitanti del Sud (Wuhan) sono risultati più “sensibili” all’azione del virus (circa il 70%) rispetto a quelli del Nord (20%).

In un Paese serio ed organizzato si sarebbe finanziato uno studio di livello adeguato su tali polimorfismi, ovvero sulle mutazioni che essi determinano sui recettori di superficie del Sars Cov2, impedendo, in tal modo, l’attecchimento del medesimo. Uno studio che avrebbe individuato migliaia di soggetti immuni ai quali il vaccino non doveva essere inoculato.

Lo stesso dicasi per i bambini la cui alta attività proteasica (scissione delle proteina Spike) sulla superficie della cellula evita il contagio, oppure arreca solo una lieve sintomatologia. Insomma: niente di niente che abbia valore ed originalità scientifica se non il belare nel coro internazionale sotto l’egida di quel carrozzone di prezzolati burocrati dell’Oms (l’Organizzazione Mondiale della Sanità). Dovremo subìre altre limitazioni personali ed arriveranno altri soldi che renderanno felici i governanti ed i gruppi sociali ed industriali loro clienti. Con buona pace dell’uso massiccio degli anticorpi monoclonali, delle cure domiciliari organizzate per le fasce fragili ed esposte al morbo, dell ricerca di un farmaco antivirale risolutivo. Alla gente occorre dire la verità, che o si cambia o si muore!

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