Camorra, omicidio di epurazione interna del clan: due arresti a Napoli

Il clan optò per la morte di uno dei migliori sicari

LaPresse - Matteo Corner

NAPOLI – La squadra mobile di Napoli ha dato esecuzione a un’ordinanza di custodia cautelare che ha disposto il carcere per due indagati. Emessa dal gip presso il Tribunale di Napoli, su richiesta della Direzione distrettuale antimafia. Nei confronti dei soggetti ritenuti responsabili dell’omicidio di Mirko Romano, avvenuto a Melito il 3 dicembre 2012. Le attività di indagine, fondate su dichiarazioni di collaboratori di giustizia, intercettazioni e su un’ampia messe di riscontri, hanno consentito di ricostruire il mandante e l’esecutore di un omicidio di epurazione interna. Deciso dai vertici del clan Amato pagano per eliminare una delle figure di spicco della consorteria.

Mirko Romano, infatti, entrato nel clan nel pieno della seconda faida di Scampia, era divenuto il killer prediletto dai capi. Ed era indicato all’interno del clan come l’Italiano perché usava esprimersi sempre in lingua, mai in dialetto, e in modo corretto, circostanza che lo distingueva dagli altri affiliati. Caratteristiche che, insieme alla calma glaciale, alla compostezza e all’assenza di tracotanza verso i più giovani affiliati, ne facevano un personaggio dalla storia singolare.

Il clan optò per la morte di uno dei migliori sicari


Killer efficiente e spietato, nei mesi più caldi della cosiddetta terza faida di Scampia, (autunno 2012) Romano vedeva deteriorarsi il suo rapporto con i capi clan, a causa della sua crescente insofferenza alle imposizioni di Mariano Riccio e di Carmine Cerrato. La sua aperta critica alla gestione di costoro, la capacità di assumere decisioni in autonomia e soprattutto il prestigio di cui godeva verso numerosi affiliati, lo rendevano in breve ‘poco affidabile’ e quindi pericoloso. Perché avrebbe potuto, in caso di arresto, collaborare con la giustizia, ovvero porsi a capo di un’ulteriore frangia di scissionisti. Riccio e Cerrato decretavano quindi la morte di Romano.

Incarico eseguito da Francesco Paolo Russo, killer emergente, di cui il Romano si fidava, in quanto il giovane Russo si collocava da tempo tra gli uomini più vicini alla vittima. Romano veniva attirato in una trappola ed ucciso dal Russo. Il corpo quindi abbandonato ai margini della strada dove veniva rinvenuto dai carabinieri la mattina del 3 dicembre 2012. Da quel momento il Russo diveniva il killer di riferimento del Riccio nonché responsabile del settore degli stupefacenti. Il tradimento dell’amico collocava temporaneamente il Russo ai vertici della compagine. In un’effimera parabola che si chiudeva prima con la marginalizzazione da parte del Riccio, sempre sospettoso delle figure emergenti, e quindi con l’arresto.

(LaPresse)

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