Carceri: agente penitenziaria aggredito in carcere Campobasso

Un agente è stato aggredito in carcere a Campobasso durante la notte da un detenuto con problemi psichici. Per lui la prognosi dei sanitari è di 7 giorni. Lo denuncia Aldo Di Giacomo, segretario generale del Sindacato Polizia Penitenziaria - S.PP

Foto LaPresse - Vince Paolo Gerace 15/10 /2018 - Milano (MI) Cronaca Viaggio Carcere San Vittore Nella foto Polizia carceraria nel Carcere di San Vittore in occasione del viaggio delle carceri italiane

Un agente è stato aggredito in carcere a Campobasso durante la notte da un detenuto con problemi psichici. Per lui la prognosi dei sanitari è di 7 giorni. Lo denuncia Aldo Di Giacomo, segretario generale del Sindacato Polizia Penitenziaria – S.PP.

“L’aggressione di un detenuto con problemi psichici, nella notte scorsa nel carcere di Campobasso, ad un agente penitenziario che è stato costretto a ricorrere alle cure sanitarie è purtroppo la conferma della denuncia che abbiamo fatto da troppo tempo inascoltati: nel carcere molisano ci sono almeno il 35% di detenuti con problemi psichici o di droga che non dovrebbero trovarsi qui”.

Nel carcere di Campobasso, ricorda Di Giacomo, il 35% dei detenuti ha problemi psichici o di droga. Da qui la proposta radicale del sindacato di polizia “affinché si ritorni alle strutture psichiatriche di detenzione, abolite nel 2014, sia pure ripensate nei servizi da garantire e con un numero di personale specialistico adeguato”.

Sono 750, secondo il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, i detenuti in lista d’attesa per fare ingresso in una della trentina di Rems. “Il tempo medio di attesa è di 304 giorni, con regioni come Sicilia, Puglia, Calabria, Campania e Lazio in cui l’attesa arriva fino a 458 giorni. Le regioni con più detenuti in attesa sono la Sicilia con circa 140 detenuti, la Calabria con 120 e la Campania con 100” continua Aldo Di Giacomo del Sindacato di Polizia Penitenziaria.

“La percentuale più alta dei detenuti con disturbi psichiatrici soffre di nevrosi; il 30% di malattie psichiatriche collegate all’abuso di droghe e di alcool; il 15% di psicosi. La nostra forte sollecitazione – che ci deriva dall’impossibilità come personale penitenziario di assistenza a queste tipologie di reclusi – trova ampi sostegni nella comunità medico-scientifica, primi fra tutti psichiatri e psicologi”.

(LaPresse)

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