Carne sintetica ‘finta’ anche col pianeta

Ecocompatibilità falso mito: a lungo termine potrebbe inquinare di più. Ieri la Giornata mondiale dell’hamburger, il famosissimo panino che rischia di ‘scomparire’ per la moda del cibo veggie

Sulla sua storia ci sono moltissime versioni, ma è certo che deve il suo successo al mondo del fast food statunitense. Parliamo dell’hamburger. Sulle origini del nome la teoria più accreditata lo lega alla città di Amburgo: nel XIX secolo sulle navi di emigranti che partivano dal porto tedesco verso l’America si consumava un piatto a base di carne macinata, la polpetta che poi sarebbe diventata famosissima in tutto il mondo. Il 28 maggio si celebra la Giornata mondiale dell’hamburger, è il panino più amato e conosciuto e ormai è disponibile in mille versioni, anche vegana o con la carne “sintetica”. E proprio questa innovazione che nasce in ottica animalista, per preservare le specie e salvaguardare il pianeta, in realtà nasconde molti lati oscuri. La convinzione che la carne sintetica sia più ecologica di quella vera nasce dal fatto che buona parte del peso dei cambiamenti climatici viene attribuita agli allevamenti intensivi di animali. Ma la risposta al problema è davvero così semplice e scontata?

CARNE ‘FINTA’
In primo luogo la carne sintetica va distinta in due macro categorie. La prima è quella della carne di origine vegetale, fatta di verdure e legumi, che cerca di imitare tecnologicamente quella vera. La seconda tipologia invece è una carne animale a tutti gli effetti ma ‘in vitro’: è ottenuta dallo sviluppo di cellule animali in laboratorio, per cui di fatto è carne vera, solo che non passa per il mattatoio. Una circostanza che la rende attraente agli occhi degli animalisti fautori del cruelty free. Ma è proprio questa tipologia che scatena un dibattito molto acceso. Secondo la Fao tra il 2000 e il 2014, la produzione mondiale di carne è aumentata del 39% e si prevede che la produzione globale di carne continuerà a crescere del 19% nel 2030. La richiesta c’è ed è destinata ad aumentare soprattutto nei Paesi più sviluppati, per questo le industrie del food cercano alternative, ma non è detto che riducendo il numero di allevamenti si inquini meno.

I RISCHI
All’industria della carne tradizionale vengono contestati, oltre alla crudeltà dell’uccisione dei capi che nascono e crescono con il solo scopo di finire sulle nostre tavole, l’impatto ambientale ovvero l’emissione di gas serra, ma anche la deforestazione e il grande consumo di acqua. In realtà il problema ambientale del consumo della carne non è il fatto in sé, ma l’abuso della carne nelle nostre diete. Un problema che riguarda tutti i Paesi storicamente ricchi, ed assente in quelli poveri che invece consumano più verdure, cereali e legumi. Per molti è naturale pensare che la carne sintetica sia un’alternativa a minore impatto ambientale perché vengono meno tutte le conseguenze negative in termini di emissioni e consumo di risorse propri degli allevamenti. Non è detto.

Cibo a confronto
Nel 2019 John Lynch e Raymond Pierrehumbert hanno pubblicato su Frontiers una ricerca in cui confrontano vari sistemi di allevamento di bestiame e anche quello ‘in vitro’. Quest’ultimo ha come emissioni sono l’anidride carbonica, mentre quello tradizionale comprende il metano (emesso direttamente dagli animali) e il diossido di azoto (risultato della produzione del mangime e dei sistemi di gestione del letame). Sostituire con la carne finta quella vera significherebbe produrre in maniera eccessiva anidride carbonica, in un pianeta che ancora arranca in quanto a decarbonizzazione. Gli scienziati hanno quindi concluso che sostituire i sistemi di allevamento del bestiame con la produzione in vitro prima che la generazione di energia sia sufficientemente decarbonizzata potrebbe rischiare un impatto climatico negativo a lungo termine. La scala di produzione di bestiame richiesta per riuscire a coprire gli altissimi livelli di consumo di carne esaminati nello studio comporterebbe un significativo riscaldamento globale, ma non è ancora chiaro se la produzione di carne ‘in vitro’ fornirebbe un’alternativa più sostenibile dal punto di vista climatico. Insomma il quesito è aperto.

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