Casal di Principe, chi è l’imprenditore che tiene ancora in vita il clan Schiavone

Un imprenditore attivo nel settore dei metalli tra chi garantirebbe denaro alla sua famiglia. A differenza del fondatore dei Casalesi, Valter non ha figli da ‘salvare’ dal mondo mafioso e ha ancora rendite da tutelare.

Non ha figli da ‘salvare’ e ha, invece, rendite da tutelare: probabilmente, se Valter Schiavone, in carcere dal 1996, non ha ancora intrapreso la strada della collaborazione con la giustizia, è anche per queste due ragioni. Chi decide di parlare con i magistrati, salvo rare eccezioni di pentimenti sinceri – per il male arrecato-, lo fa per fini utilitaristici, per dare una prospettiva diversa a una vita che, se non arriva una clamorosa svolta, è destinata ad essere segnata esclusivamente dal carcere.

Dire ora, con certezza, cosa abbia realmente spinto Francesco Sandokan Schiavone, fratello di Valter, lo scorso marzo, a voler iniziare a rispondere alle domande dei magistrati dell’Antimafia, è azzardato. Correndo il rischio, sbilanciandoci, ci proviamo: e diciamo che il fondatore del clan dei Casalesi lo abbia fatto anche per tentare di trascinare via dal mondo mafioso, che a lui ha tolto la libertà dal 1998, i figli Carmine, ancora in cella, Ivanhoe ed Emanuele Libero, tornato a Casale lo scorso aprile. Sperava, forse, che i tre, come hanno fatto le due sorelle e la mamma, Giuseppina Nappa, accettassero il programma di protezione che sarebbe stato loro offerto. Ed invece, hanno risposto picche (come già fecero quando iniziarono a collaborare i loro fratelli, Nicola nel 2018 e Walter nel 2021). Insomma, restano e resteranno a Casale, con il rischio, se non dovessero cambiare vita, di continuare a muoversi nel solco criminale tracciato dal loro genitore.

Ecco, Valter Schiavone non sembra avere problemi simili. Non pare avere familiari stretti da tenere lontano dalle cruenti dinamiche criminali. Ma ha rendite da salvare. Dalle recenti indagini condotte dalla Dia, basate su intercettazioni e dichiarazioni di collaboratori di giustizia, è emerso come alcuni imprenditori dell’Agro aversano continuino a versare mensilmente soldi a Valter Schiavone. Logicamente non direttamente a lui (dato che è in carcere), ma alla sua famiglia. Uno di questi uomini d’affari, stando alle informazioni raccolte dalla Dia, sarebbe cresciuto negli anni nel settore della lavorazione dei metalli proprio grazie all’iniziale disponibilità economica che gli avrebbe fornito proprio Valter (si ripeterebbe, quindi, il concetto del “lievito madre” che Giuseppina Nappa ha usato per riferire ai magistrati sulla scalata di Nicola Schiavone ‘o munaciello – a processo per mafia). Inoltre, questo businessman avrebbe anche acquistato immobili del fratello di Sandokan, garantendo, appunto, denaro ai suoi congiunti. E a beneficiare di questi soldi sarebbe stato anche un altro storico esponente del clan. Chi? L’Antimafia nei suoi atti fa il nome di Salvatore Cantiello, alias Carusiello.

Finché ci saranno soldi, finché la famiglia non si sfalderà, finché alcuni suoi componenti non avranno il rischio di imbattersi in strade violente (sintetizzando, finché non succederà quanto accaduto al fratello), Valter Schiavone, salvo folgorazioni sulla via di Damasco, non collaborerà con la giustizia. La prospettiva del carcere a vita non lo spaventa e così, se non interverranno altri fattori, resterà fedele al patto di omertà su cui si basa la mafia. Ed è uno scenario che spinge gli investigatori ad accendere i riflettori sul mondo libero che orbita intorno a lui. Fari che avranno l’obiettivo di attestare la veridicità di quanto emerso nella recente inchiesta della Dia. Riflettori che punteranno a identificare chi, ancora oggi, continuerebbe a beneficiare dei quattrini generati dalle sofferenze disseminate in provincia di Caserta dal clan dei Casalesi.

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