Cassazione, coltivare cannabis per uso personale non è reato

ROMA – Coltivare cannabis non è reato, se per uso personale. Lo ha deciso la Cassazione lo scorso 19 dicembre. Una decisione, quella dell’Ordine supremo che fa discutere. E che trova d’accordo e disaccordo diverse aree di opinione. Insomma, l’importante che le dosi siano minime, per uso personale, ovvero per “le rudimentali tecniche utilizzate, lo scarso numero di piante ed il modesto quantitativo di prodotto ricavabile appaiono destinate in via esclusiva all’uso personale del coltivatore”.

Solo in questo caso, secondo la Cassazione “il bene giuridico della salute pubblica non viene in alcun modo pregiudicato o messo in pericolo dal singolo assuntore di marijuana che decide di coltivare per se qualche piantina”. Una decisione presa nel momento in cui “i kit per la coltivazione dei semi di cannabis sono ormai parecchio diffusi”, vendita a cui non faceva riscontro l’aspetto meramente legale.

I commenti

Secondo Nicola Fratoianni di Sinistra Italiana-Leu quella della Cassazione è “una scelta di giustizia e soprattutto di buon senso. Lo Stato deve colpire al cuore gli affari delle mafie – prosegue il parlamentare di Leu – e non limitarsi a colpire milioni di consumatori di cannabis, impegnando inutilmente le forze dell’ordine. La verità è che prima o poi in Italia bisognerà legalizzare l’uso della cannabis”.

Per Matteo Mantero del M5S “ancora una volta la giurisprudenza fa le veci di un legislatore vigliacco. La Cassazione ha aperto la strada, ora tocca a noi. Fino a questa storica sentenza comprare cannabis dallo spacciatore, alimentando la criminalità e mettendo a rischio la propria salute con prodotti dubbi, non costituiva reato, mentre coltivare alcune piante sul proprio balcone per uso personale poteva costare il carcere.

Benedetto della Vedova, segretario di +Europa, afferma: “svolta positiva piena di ragionevolezza. Ora andiamo avanti: con cannabis legale avremmo più sicurezza e miliardi per lo Stato sottratti alla criminalità”. A Della Vedova fa eco Riccardo Magi, deputato di Radicali +Europa: “La Cassazione ha fatto valere il buon senso e la logica, ora tocca al Parlamento, dove sono depositate diverse proposte che vanno decisamente in questa direzione, superare una normativa illogica e sbagliata”.

Il punto

Rimane fermo il punto secondo: “il reato di coltivazione di stupefacente è configurabile indipendentemente dalla quantità di principio attivo ricavabile nell’immediatezza, essendo sufficienti la conformità della pianta al tipo botanico previsto e la sua attitudine, anche per le modalità di coltivazione, a giungere a maturazione e a produrre sostanza stupefacente”. Ma la differenza sta nel punto in cui “devono però ritenersi escluse, in quanto non riconducibili all’ambito di applicazione della norma penale, le attività di coltivazione di minime dimensioni, svolte in forma domestica”.

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