NAPOLI – Napoli è una delle città più vulnerabili al cambiamento climatico. Lo si evince da una serie di dati pubblicati dalla Fondazione Cmcc (Centro euromediterraneo sui cambiamenti climatici) e da Legambiente. Nel 2021 la temperatura media annuale del capoluogo partenopeo è stata di circa 17 gradi. Un dato che attesta un incremento di mezzo grado centigrado rispetto al valore climatico del periodo compreso tra il 1981-2010 e di 1,1 gradi centigradi rispetto al periodo di tempo ancora precedente compreso nella finestra 1971-2000.
I numeri
Nel 2021, inoltre, il report documenta 70 notti tropicali a Napoli, un incremento dunque del 13% rispetto al 2019. Se si allarga la cornice ai periodi ancora precedenti, si può vedere come le percentuali aumentino ulteriormente: più 15,2% rispetto al periodo 2006-2015. La notte tropicale è per definizione una notte in cui la temperatura non scende mai al di sotto dei 20 gradi centigradi. Senza poi contare che la misura dell’indice di calore ha evidenziato uno stato di allerta per rischio legato alla salute con un giudizio che va dalla cautela alla estrema cautela per il 68% delle giornate del mese di luglio. L’indice di calore permette di di stimare il livello di disagio fisiologico avvertito durante la stagione estiva.
Pronto soccorso, boom di accessi
A Napoli e provincia sono infatti aumentati in maniera esponenziale gli accessi ai Pronto soccorso causati dai colpi di calore. Una situazione purtroppo diffusa lungo tutto lo Stivale e che ha portato il ministero della Salute ad attivare il codice “Calore”. Si tratta di un codice di emergeza con il quale attivare e mettere in campo tutta una serie di misure e di protocolli specifici per affrontare queste ondate di calore con percorsi specializzati e ad hoc. Un po’ come fatto durante gli anni dell’emergenza pandemica per i pazienti contagiati dal Covid-19. Lo scenario legato al capoluogo partenopeo – secondo Legambiente e il report della Fondazione Cmcc potrebbe persino peggiorare, e anche molto presto.
Due mesi in più di caldo estremo
Si prevede un aumento di temperatura media di 2 gradi centigradi con 50 giorni l’anno di ondate di calore in più rispetto ad oggi. Significa, in soldoni, che ci saranno due mesi in più di caldo estremo. Senza interventi adeguati e tempestivi l’aumento potrebbe arrivare a toccare i 5 gradi centigradi. Il caldo estremo non è comunque l’unica conseguenza diretta del cambiamento climatico, la cui celerità a sua volta è influenza e non di poco da fattori di origine antropica. Non può non essere menzionato quello delle piogge e dei nubifragi diventati sempre più frequenti. A periodi di grande caldo e siccità si alternano nubifragi e precipitazioni ben oltre la media consueta registrata solitamente alle nostre latitudini. Addio insomma al tradizionale clima mite e temperato che ha reso iconica l’area mediterranea ormai sempre più simile ai paesi tropicali.
Allarme nubifragi
Le piogge intense che fino a oggi si sono verificate ogni 10 anni, potrebbero verificarsi ogni 4, secondo il report. E in particolare la città di Napoli, così come tantissimi altri comuni della sua provincia, ha serie di difficoltà ad affrontare questo tipo di problematica. Basti pensare al fatto che il 63% della superficie del capoluogo è artificiale. Ha quindi una capacità molto ridotta di assorbire l’acqua. Se a questo si aggiunge un’esigua presenza di verde e una rete fognaria obsoleta e non adeguata a far fronte a quantità di acque straordinarie: la frittata è fatta, come si suol dire. Le conseguenze più comuni di tale situazione sono voragini sulle strade ed edifici meno stabili per effetto di perdite della rete di drenaggio, infiltrazione di acque piovane dalla superficie e conseguente erosione del sottosuolo.
Urbanizzazione indiscriminata
In provincia, invece, c’è poi un ulteriore problema legato all’urbanizzazione scriteriata con cui sono stati ricoperti i canali dei Regi Lagni, ovvero l’antico bacino idrico artificiale di origine borbonica. Il letto di questi alvei, purtroppo molto spesso colmi di terreno, vegetazione e persino di rifiuti, è a volte dissestato. Motivo per il quale in occasione di precipitazioni più ingenti l’acqua finisce per esondare dagli argini e per riversarsi lungo le strade creando non pochi disagi. I cambiamenti climatici stanno comunque mettendo a dura prova tutto il territorio regionale della Campania. Dal 2010 al 2022 la Campania ha registrato 93 eventi estremi tra cui 29 trombe d’aria, 38 da allagamenti da piogge intense e 15 danni al patrimonio.
Il commento
“I dati presentati sono eloquenti – commenta Mariateresa Imparato, presidente Legambiente Campania – e non sono purtroppo relativi a un’estate eccezionalmente calda. Le ondate di calore, le temperature sopra la media stagionale e le notti tropicali secondo l’allarme lanciato dall’Onu continueranno ad aumentare rendendo roventi le nostre estati. Per questo bisogna che le nostre città anche in Campania, e Napoli per prima, si attrezzino al più presto con un piano di interventi di adattamento a un clima che è già cambiato. Le conseguenze sono misurabili anche dall’aumento delle richieste di intervento al personale sanitario dovute al numero di malori da caldo estremo – conclude Imparato – Questo contesto ci impone un cambio radicale, servono al più presto azioni concrete per migliorare la qualità della vita dei cittadini. Sono urgenti e necessari interventi di efficientamento energetico nelle abitazioni e l’incremento di infrastrutture verdi per fermare il consumo di suolo. Insomma un vero e proprio manifesto delle priorità da mettere in campo per una sfida al clima non da guerra apocalittica, ma come la grande opportunità per accelerare e stimolare la transizione ecologica nelle nostre città”.
© Riproduzione riservata