Coni, è festa per i Collari d’Oro ma sullo sfondo resta l’ansia per la riforma

Foto Fabrizio Corradetti/LaPresse in foto Giovanni Malago'

Roma – Una festa? Sì, una festa. Ma con un velo di preoccupazione ad avvolgere tutto e tutti come un foglio di domopak, perché il passato è fulgido, il presente prestigioso ma il futuro? E’ la ragione per la quale la tradizionale cerimonia di consegna dei Collari d’Oro quest’anno si è consumata in un contesto particolare, forse strano.

Ciò che sarà del Comitato Olimpico a partire dal 1 gennaio 2019, infatti, è ancora un discorso ‘in itinere’. Dal palco il presidente Giovanni Malagò ed il sottosegretario Giancarlo Giorgetti hanno lanciato messaggi, neanche troppo velati. “Oggi più che mai è importante ricordare cosa è stato e cosa ha fatto il Coni – ha detto il capo dello sport italiano senza nascondere l’emozione – una storia di grande successo, che ha onorato il paese, come nessun’altra istituzione. La mia speranza è che rimanga il Comitato Olimpico più importante del mondo“.

La risposta del plenipotenziario di palazzo Chigi in merito di sport non si è fatta attendere: “Sono qui con molto rispetto e una grande emozione, auspico una collaborazione che sono sicuro sarà armoniosa, sperando che la riforma che abbiamo immaginato sia compresa, attuata e possa dare benefici. Con questo spirito, auguro allo sport italiano tanti successi“.

Al netto delle frasi di circostanza le posizioni restano cristallizzate

Malagò è convinto di essere vittima di un’ingiustizia mentre Giorgetti non vuole sentir parlare di ridimensionamento del Coni, semmai di miglioramento. Questi sono i due punti fermi, sul resto c’è spazio per trattare.

A blindare la volontà del governo ci ha pensato il ‘falco’ Simone Valente, sottosegretario in quota M5S

Il perimetro della riforma e della nuova società ‘Sport e salute’ ormai è definito – ha spiegato – l’importante adesso è che si definisca bene la messa a terra e concretizzarla in tutti i settori che si vogliono sviluppare. Su questo ci sarà bisogno della collaborazione di tutti. E proprio sulla traduzione pratica della teoria che Malagò punta per poter limitare i danni. Per questo il numero uno dello sport italiano, caldamente consigliato anche dal suo predecessore Gianni Petrucci, ha preferito tenere il profilo basso, rimandando eventuali riflessioni appuntite “quando questa storia avrà una fine, nel bene o non nel bene“.

La disponibilità al confronto è totale perché “un conto sono le parole un altro i fatti”.  (LaPresse)

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