Da oggi obbligo del Green pass per i lavoratori. A Trieste la protesta dei portuali

Manifestazioni, blocchi e scioperi oggi rischiano di tenere sotto scacco l’intero Paese. Al porto di Trieste sciopero non autorizzato con un migliaio di dimostranti già da prima mattina a presidiare il Varco 4

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ROMA – Da oggi obbligo del Green pass per i lavoratori, giornata nera per l’Italia: decine le manifestazioni contro il foglio verde necessario per entrare al lavoro. Trieste, Roma, Torino e Genova e Milano le città dove si terranno i maggiori presidi dei comitati anti green pass.

Al porto di Trieste dove da questa mattina è in atto un nutrito presidio di persone il 40% dei dipendenti su 950 non è vaccinato. Il raduno sta bloccando le operazioni portuali al varco Etiopia. Nessun problema per ora segnalato al terminal. Pare siano solo una cinquantina i lavoratori che sono entrati regolarmente al lavoro. “Siamo determinati sulle nostre posizioni – sostengono i portuali di Trieste – ma siamo sempre disponibili a discutere con chiunque”.  Ma per la revoca dello sciopero sperano in un passo indietro da parte del Governo con una proroga del Foglio verde al 30 ottobre “per prendere un po’ di tempo – spiegano – e trovare poi una soluzione”. A dar corpo alla protesta anche altri lavoratori che non operano allo scalo portuale. Accesso consentito, almeno fino ad ora, ma sono molti i camion che hanno fatto dietrofront.

Allo scalo di Venezia sembra invece una giornata come tutte le altre: ogni lavoratore ha preso regolarmente il proprio posto. Mauro Piazza, presidente della Nuova compagnia dei lavoratori portuali di Venezia sottolinea: “Da noi non ci sono scioperi né blocchi ai varchi di ingresso. Dei 180 lavoratori che operano nello scalo marittimo (120 dipendenti, 30 portuali di Chioggia e 30 esterni) tutti, con una sola eccezione, sono regolarmente in servizio”.

Presidio dalle prime ore dell’alba di questa mattina davanti ai cancelli della Fiat di Rivalla dove sulla porta 10 sono affissi alcuni striscioni: “No al ricatto del Green Pass nei luoghi di lavoro”, si legge, e ancora: “Il lavoro è un diritto, tamponi gratis”. Circa cento persone tra lavoratori privi di Foglio verde, No Green del movimento ‘La Variante Torinese’ e I Si Cobas alimentano la protesta “Sono 32 anni che lavoro qui – spiega un dipendente – e oggi non posso entrare perché non sono vaccinato. Ci stanno privando della libertà. Solo in Italia bisogna pagare per entrare al lavoro”. Gli fa eco l’impiegato in un’azienda alimentare: “A casa ho tre figli – aggiunge Roberto – ho bisogno di lavorare, ma vaccinarsi o tamponarsi è un vero e proprio ricatto perché non si tiene conto che per molti non è solo un costo, ma un problema psicofisico”. Enrico invece sostiene di non volersi vaccinare “perché fa male – dice – e non serve a nulla”.  Altre manifestazioni si stanno svolgendo alla Pirelli di Settimo Torinese, all’Iveco di Torino e alla Gallina di La Loggia.

La ‘Trasportounito’ ha dichiarato che “mancheranno all’appello circa 80mila conducenti dei camion e altri mezzi distribuiti su 98.000 imprese. Il Green pass riverserà sulla testa delle imprese di autotrasporto più di 70 milioni al giorno, i maggiori costi deriveranno dalla mancata produttività degli autisti che non saranno più impiegabili e non sostituibili per carenza di personale. Ciò potrebbe anche comportare ritardi delle consegne, circa 320.000 ore al giorno in più rispetto allo standard giornaliero. Laconico il ministro del Lavoro, Andrea Orlando: “Avvio complicato, ma che era nell’ordine delle cose ed è il prezzo da pagare per spingere nella direzione giusta il Paese”. Nel capoluogo meneghino sono oltre 272 i lavoratori della Tpl sprovvisti di green pass. L’azienda infatti ha registrato un incremento del 15% di certificati di malattia. A Roma l’Atac si registra circa 12% di assenteismo mentre a Verona e a Genova si aggira intorno al 10%.

La Coldiretti fa sapere che “con l’85% dei trasporti commerciali che in Italia avviene su strada, lo stop di camion e tir mette a rischio la spesa degli italiani soprattutto per i prodotti più deperibili come il latte, la frutta e la verdura che non riescono a raggiungere gli scaffali dei mercati”, mentre le grandi catene commerciali come Coop ed Esselunga non segnalano possibili criticità legate alle forniture per eventuali blocchi nel trasporto merci.

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