Di Maio, il ministro-pubblicista che pretende interviste-marchetta

Ci ha chiesto visibilità ma voleva scegliersi le domande

Foto Roberto Monaldo / LaPresse 22-01-2020 Roma Politica Il M5S presenta i facilitatori regionali Nella foto Luigi Di Maio si toglie la cravatta alla fine del suo intervento Photo Roberto Monaldo / LaPresse 22-01-2020 Rome (Italy) Luigi Di Maio announces the resignation as political leader of the M5S In the pic Luigi Di Maio

NAPOLI – “Si faccia una domanda e si dia una risposta”. Deve aver visto troppe puntate delle trasmissioni di Gigi Marzullo il ministro Luigi Di Maio, e avrà pensato che l’intrattenimento e il giornalismo siano la stessa cosa. Roba da non credere, se si considera che lui stesso è un pubblicista dal 2007: eppure è successo. E’ successo che ci abbia prima chiesto di essere intervistato e poi abbia provato a decidere su cosa dovesse vertere l’intervista, cassando senza alcuna remora le domande sgradite. Sembra assurdo ma è andata proprio così. Ve la riassumo brevemente, così ogni lettore potrà avere tutti gli elementi per valutare una vicenda che per noi di Cronache è gravissima. E non solo perché è uno schiaffo alla libertà di fare informazione ma soprattutto perché il collega giornalista pubblicista Di Maio è un ministro della Repubblica, ricandidato ad essere eletto dal popolo, incaricato di eseguire un mandato in un’assemblea. Voi lo incarichereste ancora uno che vuole farsi le interviste da solo?

Dicevamo. Qualche giorno fa, l’ufficio stampa di Di Maio contatta la nostra cronista di politica Loredana Lerose: “Ci sentiamo per capire i margini di una eventuale intervista?”

Di Maio è un ministro ancora in carica, con una storia politica breve ma intensa, è ricandidato e quindi ha un programma elettorale di cui poter parlare: insomma, i margini, per noi, ci sono, può venire fuori un’intervista interessante, dunque decidiamo di farla. Come d’uso tra i politici di ultima generazione, poco avvezzi a parlare a braccio e maniaci del controllo, invieremo le domande scritte e riceveremo scritte pure le risposte. Ieri mandiamo il file, come accade quasi una volta al giorno con politici di ogni colore, caratura, carattere. Ebbene, il tempo di aprirlo e arriva la risposta dell’ufficio stampa di Di Maio: “Questa però è altro tipo di intervista rispetto a quella di cui abbiamo parlato. Non c’è programma”. “In realtà – risponde la brava collega Lerose come si può leggere direttamente dalle immagini – c’è il reddito di cittadinanza, il caro bollette, la crisi energetica. Penso che di programma si possa parlare”. Non soddisfatto dalla risposta, l’ufficio stampa del ministro allega addirittura la pagina di un’intervista pubblicata su un quotidiano del Molise precisando: “Stiamo facendo interviste di questo tipo, su campagna elettorale, contenuti, temi, programmi e proposte. Su storia personale, Movimento ecc.. ci siamo soffermati nel periodo del libro”.

Quindi, mi facciano capire i gentili colleghi: io intervisto un ministro uscente, bandiera di un partito che all’improvviso ha lasciato, si ricandida in coalizione con un partito che ha sempre avversato usando definizioni passate alla storia, e io giornalista non posso chiedergliene conto perché lo ha già scritto nel suo libro? Devo limitarmi, secondo loro, a chiedere cosa Di Maio intenda fare in caso di rielezione su ambiente, sicurezza, economia e, al massimo, lanciare strali agli avversari come ha fatto sul quotidiano molisano?

Signori, faccio uno scoop e vi rivelo: questo non è giornalismo. Questa è una vecchia, cara marchetta, un annuncio a pagamento, al massimo un redazionale. C’è un vero e proprio codice deontologico che aiuta a distinguere tra un articolo di giornale e una marchetta, chi è iscritto all’Ordine dovrebbe saperlo. O forse Di Maio non l’ha studiato a suo tempo? A quali giornali ha reso interviste-marchetta finora se ha pensato che le domande le sceglie l’intervistato e non l’intervistatore?

Inutile dire che, a queste condizioni, Cronache ha detto “no grazie”. Neanche l’ammiraglio capo della base Nato in Italia, che pure di motivi ne avrebbe per selezionare attentamente ogni parola, si è sognato di scegliersi le domande. Di Maio faccia una cosa, molto più semplice e pure efficace: stampi il suo programma elettorale, ne faccia manifesti murali e li affigga (pagando la tassa, mi raccomando). Le sue idee saranno note e nessuno lo disturberà con le domande. Il tempo risparmiato a rispondere a interviste preconfezionate lo potrà usare per studiare. Un bel manuale di deontologia del giornalismo e pure la Costituzione. Ma non si fermi alle prime righe, come gli studenti che si credono furbi, arrivi almeno all’articolo 21: “La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure”. Capito… “collega”?

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