Un giorno di festa è molto più che un giorno di feria. La feria, nel nostro linguaggio comune, ha il senso della vacanza, del potersi allontanare dalle attività e dagli impegni ordinari. La feria può anche offrire spazi di vita personale che in altri momenti sembrano essere fagocitati dall’incalzare delle situazioni quotidiane, ma rimane un tempo segnato dalla propria soggettiva individualità. La festa, invece, è il giorno che chiama, che invita singoli e comunità a celebrare quelle verità che annunziano la luce di una rinnovata speranza, la consapevolezza del fondamento del proprio esistere e la meta luminosa del cammino personale e dell’agire comune. Dall’antichità dell’Impero Romano le “Feriae Augusti” sono un tempo che porta in sé il senso della “feria”.
Dal tempo in cui i cristiani hanno sviluppato più ampia consapevolezza della loro fede, nel giorno del 15 agosto si è celebrata la festa dell’assunzione di Maria al cielo. Già nei testi dei Padri della Chiesa dei primi secoli troviamo testimonianze e riflessioni che parlano dell’assunzione di Maria al cielo, come di fede intensamente vissuta dal popolo cristiano. Il 15 del mese di agosto, allora, è stato sempre annualmente vissuto come “festa” che celebra il mistero di Colei che è l’Assunta. Poiché le Chiese cristiane orientali celebrano l’assunzione di Maria al cielo in anima e corpo come un fatto successivo alla sua “dormitio”, ovvero alla sua morte, molte rappresentazioni artistiche dell’evento mostrano gli Apostoli di Gesù riuniti intorno ad un sarcofago aperto e pieno di fiori, mentre, con sguardo ammirato e rivolto al cielo, vedono Maria elevarsi incontro all’amore di Dio con la stessa gioiosa fiducia con cui lo ha cercato, incontrato e vissuto nel suo cammino terreno.
Ovviamente l’assunzione non mette termine alla presenza di Maria tra gli uomini, non l’esilia dall’orizzonte del mondo e della storia dell’umanità. Maria diventa ancor più ciò che è stata nella sua vita: “segno di sicura speranza”, come recitano i testi del Concilio Vaticano II (Lg 68), o “di speranza fontana vivace”, come cantava Dante Alighieri nella Divina Commedia (Par. XXXIII, 12). In Lei è apparsa viva nella storia quotidiana dell’umanità la speranza di vivere illuminati dal bene, avvolti dalla bontà che come un manto protegge da ogni infiltrazione del male e con libertà dona vita a chiunque incontra. Per dirla con Papa Francesco, Maria ci aiuta “a credere nella forza rivoluzionaria della tenerezza e dell’affetto”, in quell’umiltà che è la forza e la bellezza di un’umanità nuova, di un’umanità che si apre alla vita e si proietta incontro alla verità e alla giustizia, all’infinito.
+ Angelo Spinillo Vescovo di Aversa