CASAL DI PRINCIPE – I ganci dei mafiosi nei salotti buoni, quelli partenopei e romani, quelli che riescono a far prendere, a chi ha il potere, decisioni che sembravano impensabili. Tracciare i loro profili è uno dei temi più complicati da svolgere per le Procure. E se, raramente, qualche elemento riguardante questi soggetti emerge, spesso è solo grazie ai collaboratori di giustizia. Tra questi ipotizzati ganci, Nicola Schiavone, pentito dal 2018 e primogenito di Francesco Sandokan, fondatore del clan dei Casalesi, inserisce tale Elio Della Corte. Di lui aveva già parlato all’Antimafia un altro pentito, Carmine Schiavone (scomparso nel 2015): “So che era massone e tale qualifica – disse il cugino di Sandokan – lo aiutava negli interventi presso i magistrati”.
Qualche dettaglio in più su questo presunto ‘aggiusta processi’ lo ha fornito Nicola Schiavone nell’aprile del 2019 al pubblico ministero della Dda Graziella Arlomede: “Per quello che mi è stato riportato, Elio Della Corte – raccontò il collaboratore – ha avuto un ruolo nella scarcerazione di mio padre con l’Asinara, con il Tribunale della sorveglianza di Cagliari. È una persona presa molto in considerazione da Nicola Schiavone classe 1954 (‘o munaciello, ndr). Aveva accesso nei salotti buoni sia nell’imprenditoria napoletana che romana”. Di questo Della Corte, il figlio del capoclan ha chiarito di non essersene mai servito, ma a parlargliene erano stati “Gennaro Mastrominico e Vincenzo Schiavone ‘o trik (fratello di ‘o munaciello, ndr)”. In merito a quella scarcerazione, il pentito ha riferito che avvenne “a Secondigliano” dove Sandokan era in appoggio da l’Asinara al 41 bis: “Uscì e poi fece la latitanza fino al 1998”. “Era una domenica mattina, cosa insolita perché avveniva solo di solito se era un ‘fine pena’. E siccome mio padre – proseguì Nicola – non stava a fine pena, fu ancora più clamoroso”.
Gennaro Mastrominico, aggiunse Schiavone, “si recava da tale Elio Della Corte per conto di mio padre per cose di lavoro”. Ma non solo. Della Corte avrebbe fornito anche informazioni, stando a quanto riferito dal figlio di Sandokan, su “importanti di catture, di arresti”. “Era una buona fonte da cui attingere notizie. Io – sottolineò nel 2019 – non me ne sono mai servito, perché almeno sotto il punto di vista legale, giudiziario, si defilò un po’ a un certo punto. Mentre per quanto riguarda gli affari, Nicola Schiavone (‘o munaciello, ndr) ci ha avuto sempre a che fare”.
Se si parla, ora, di Della Corte, è perché il suo nome è spuntato nell’inchiesta che ha portato a processo ‘o munaciello (padrino del Nicola Schiavone pentito) e il fratello Vincenzo, con l’accusa di associazione mafiosa. Il primo avrebbe disteso, in nome del clan dei Casalesi, dice la Dda di Napoli, i suoi tentacoli sugli appalti gestiti da Rete ferroviaria italiana, il secondo, invece, con una rete di ditte si sarebbe inserito nel business degli scavi per installare reti di telecomunicazioni ed elettriche. Sarebbero stati imprenditori di riferimento di Sandokan e del fratello Valter Schiavone. Il dibattimento si sta svolgendo dinanzi al Tribunale di S. Maria Capua Vetere ed oggi si terrà un’udienza in cui è prevista la testimonianza proprio di Nicola Schiavone (figlio di Francesco Schiavone), rappresentato dal legale Stefania Pacelli. A differenza del padre, che ha avviato un tortuoso percorso di collaborazione con la giustizia lo scorso marzo (ma l’esito non è scontato), è stato citato dal pubblico ministero Graziella Arlomede. Se l’iter di collaborazione intrapreso da Sandokan proseguirà, Della Corte rappresenta uno di quei personaggi sul quale il capoclan, nonostante si trovi in cella dal 1998, può fornire ancora informazioni utili.
Della Corte, oggi 81enne, stando a quanto accertato dai carabinieri del Nucleo investigativo di Caserta, è stato amministratore unico della ‘Studio Della Corte’ con sede a Napoli, società che fornisce consulenza e assistenza in materia di studi e indagini di mercato. I militari ritengono che indirettamente ha avuto rapporti con il settore delle Ferrovie dello Stato (tanto caro per la Dda a ‘o munaciello). Come? Attraverso la società Efeso Editoriale Ferrovie dello Stato Spa, che ha avuto in Mario Fortunato, cognato di Della Corte, il suo amministratore. E in questa azienda hanno lavorato diversi congiunti dell’81enne.
Elio Della Corte e Fortunat non sono coinvolti nel processo che vede protagonisti ‘o munaciello e germano. E per quanto ci risulta, oltre, logicamente, ad essere innocenti fino a un’eventuale sentenza di condanna irrevocabile, non sono neppure indagati.
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