Le mani di Schiavone sulle Ferrovie, nell’inchiesta spunta il dem Margiotta

Già sottosegretario di Stato per le infrastrutture e trasporti (non indagato) sarebbe stato ‘usato’ dal casalese per agevolare la carriera di dirigenti a lui vicini

CASAL DI PRINCIPE – Soggiorni in alberghi di lusso, cravatte, gioielli e soldi: è l’arsenale a cui avrebbe attinto Nicola Schiavone per corrompere i dirigenti di Rete ferroviaria italiana e convincerli a favorire negli appalti le società a lui vicine. E se regali e quattrini non bastavano, l’imprenditore casalese, hanno ricostruito i magistrati Graziella Arlomede e Antonello Ardituro, era pronto ad usare anche un’altra arma: la carriera.
L’attività investigativa dei carabinieri di Caserta ha accertato che l’uomo d’affari aveva un saldo rapporto con il senatore Salvatore Margiotta originario della Basilicata ed esponente del Partito democratico. Il politico non è nell’elenco degli indagati (ed è innocente fino a prova contraria), ma, secondo gli inquirenti, indirettamente (e non abbiamo motivi per non dire inconsapevolmente) sarebbe stato funzionale alle trame di Schiavone.
Il parlamentare dal settembre 2019 al febbraio 2021 è stato sottosegretario di Stato al ministero dell’Infrastruttura e dei Trasporti del governo Conte bis. E, stando alla tesi della Procura partenopea, nello specifico sarebbe stato utile al casalese nel fargli ottenere favori dal dirigente Pierfrancesco Bellotti. Sarebbe stato proprio quest’ultimo a raccontare ad un suo collega, poi interrogato dai magistrati, che Schiavone gli aveva “assicurato un suo intervento ed intercessione presso il senatore affinché si interessasse sia della sua progressione in carriera che del suo trasferimento”. A confermare la triangolazione funzionario-imprenditore-senatore ci sono anche alcune conversazione intercettata dai militari dell’Arma. Una è datata ottobre 2018. A parlare sono Bellotti e Schiavone, con il primo che preme affinché il secondo fissi un appuntamento con il politico. “No, domani, dai ci andiamo domani con Salvatore (Margiotta, ndr.), mi piacerebbe incontrarlo pure, dai”. Una seconda conversazione risale al marzo 2019. I carabinieri registrano sempre la voce di Bellotti che parla con suo familiare al quale prospetta “la concreta possibilità – ha scritto il giudice Giovanna Cervo nell’ordinanza di arresto – di un suo trasferimento come direttore compartimentale a Bari e nel contempo afferma di aver stretto amicizia col senatore Margiotta, invitandolo ad ‘apportare’ voti alle prossime Regionali in Basilicata ad un candidato che avrebbe indicato in seguito di gradimento del parlamentare”.
Nel periodo in cui intercorrono queste chiacchierate, Margiotta è presidente dell’Aniaf (Associazione nazionale imprese armamento ferroviario).
Gli investigatori hanno pure monitorato una cena al ristorante Il San Lorenzo di Roma che vedeva al tavolo Schiavone e il politico. Era il 26 settembre 2018 e con loro c’era pure Umberto Lebruto (estraneo all’inchiesta), all’epoca direttore di produzione presso la sede centrale di Rfi.
Altro elemento che i carabinieri hanno inserito per dimostrare l’interessamento di Schiavone alla “progressione in carriera” di Bellotti è il suo curriculum seguito da una ‘proposta di promozione’ trovato nell’abitazione napoletana di Schiavone durante una perquisizione.
L’intreccio che vede protagonisti il casalese, il senatore e il funzionario di Rfi è uno dei capitoli affrontati dall’ordinanza, emessa dal gip Cervo, che martedì ha fatto scattare 35 misure cautelari. Nicola Schiavone detto ‘o munaciello, ex assessore a Casal di Principe (negli anni Ottanta) e padrino di Nicola Schiavone, primogenito del capoclan Francesco Sandokan, e il fratello, Vincenzo, alias ‘o trick, sono in carcere con l’accusa di associazione mafiosa. Avrebbero guidato una rete di imprese in grado di infiltrarsi in svariati servizi pubblici, in nome del clan, continuando a garantire negli anni sostegno alla cosca dell’Agro aversano. Mafia a parte, sarebbero stati anche i promotori di una struttura imprenditoriale che grazie alla compiacenza di alcuni funzionari, tra cui Bellotti, sostiene la Dda, riusciva a manipolare le assegnazioni di importanti lavori di Rfi. Nel provvedimento cautelare è confluita pure l’inchiesta sui business di Dante Apicella, già condannato nel processo Spartacus ed ora alle prese con una nuova accusa di associazione mafiosa. Complessivamente sono 66 le posizioni trattate nel provvedimento che rispondono, a vario titolo, di associazione a delinquere semplice e di stampo mafioso, concorso esterno al clan, corruzione, trasferimento fraudolento di beni, estorsione, violenza privata e riciclaggio.

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