Diffamò Salvini, Saviano a processo

Roberto Saviano, foto LaPresse/Stefano Costantino 2016
Roberto Saviano, foto LaPresse/Stefano Costantino 2016

ROMA (Alessandro Gala) – Domani, mercoledì 1 febbraio, partirà il processo che vedrà imputato Roberto Saviano. Per lo scrittore napoletano l’accusa è quella di diffamazione da parte dell’allora ministro dell’Interno (oggi alle Infrastrutture), Matteo Salvini. I fatti che analizzerà il tribunale monocratico di Roma risalgono al 2018. Saviano appellò Salvini ‘ministro della Mala Vita’ in un post sui social. Parole che, ovviamente,  non andarono giù al leader della Lega ed esponente, in quel periodo, del governo Conte I, che presentò querela perché ritenute “al di fuori di qualsivoglia esercizio lecito del diritto di critica – non potendosi certo parlare di diritto di cronaca – in quanto vi è una gratuita aggressione alla mia persona, infamante ed umiliante, travalicandosi palesemente il legittimo limite del dissenso sulle iniziative amministrative poste in essere dal Gabinetto a cui appartengo”, riportava la denuncia di Salvini. “Piacerebbe – scrive Saviano – a Salvini, poter dire ‘querelo Saviano che mi ha definito malavitoso’, ma la questione è un tantino più complessa. Nel 2019, durante la sua prima conferenza stampa in città da Ministro degli Interni, disse che i problemi di Napoli erano i troppi motorini sequestrati e tenuti nei depositi comunali e gli immigrati. Praticamente un marziano in città. Prima ancora a Rosarno, nel 2018, tenne un comizio davanti ad affiliati di ‘ndrangheta, persone della cosca Bellocco e imparentate con i Pesce. Sapete cosa fece Salvini con queste persone nelle prime file? Disse che il problema di Rosarno era la baraccopoli, mica la presenza capillare della ‘ndrangheta sul territorio… E la soluzione? Ruspe, mica alloggi dignitosi per chi lavora da schiavo, vittima di caporali italiani legati alle cosche”. Domani, quindi, la prima udienza del processo. Saviano sta affrontando, inoltre, un procedimento giudiziario accusato di diffamazione da Giorgia Meloni.

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