Elezioni, Calenda rompe col Pd e punta a corsa in solitaria. Letta: “Così aiuta la destra”

Foto Roberto Monaldo / LaPresse Nella foto: Enrico Letta

ROMA – Una manciata di ore. Tanto è durato il campo largo e plurale che Enrico Letta pensava di aver definito ieri con le intese siglate al Nazareno prima con Sinistra Italia e Verdi, e poi con Impegno civico. A far saltare il banco progressista rimettendo tutto in discussione è Carlo Calenda che rompe il patto sottoscritto appena martedì scorso tra Azione e Pd, puntando a raccogliere le firme necessarie per una corsa in solitaria alle elezioni del 25 settembre.

Insomma, una sorta di ‘o la va o la spacca’, restando sordi alle sirene di Matteo Renzi e di quell’area che cerca in extremis di allestire il terzo polo. Una strada tutta in salita, caldeggiata dagli ex forzisti (in primis le ministre Mara Carfagna e Mariastella Gelmini), che tuttavia non è escluso riservi sorprese all’ultima curva. Di certo, la porta sbattuta in faccia ai dem fa rumore e lascia il segno. “Non intendo andare avanti su questa alleanza”, le parole con cui il leader di Azione comunica a Dario Franceschini la rottura del patto elettorale.

Il motivo? Il perimetro di una coalizione diventato troppo ampio, e spostato a quella parte di sinistra che continua a “bombardare” l’agenda Draghi. “Letta sapeva perfettamente cosa sarebbe accaduto, lo avevo avvertito – spiega Calenda a ‘Mezz’ora in più’ su Rai3 -. Questa coalizione è fatta per perdere. C’era l’opportunità di farne una per vincere. E per fare quella coalizione noi avremmo rinunciato a tutto, compresi molti dei seggi che il Pd ci voleva dare”.

Il riferimento è all’accordo che Calenda ha proposto al segretario dem prima delle intese con Bonelli, Fratoianni e Di Maio: “Due giorni fa sono andato da Enrico e gli ho detto ‘io rinuncio ai collegi, tengo il 10%, e tu il 90%’ per fare insieme un’alleanza netta”. Senza nessun altro. Niente da fare. E così il fondatore di Azione opta per lo strappo, costringendo Letta a dichiarare a caldo via Twitter “che l’unico alleato possibile per Calenda è Calenda. Noi andiamo avanti nell’interesse dell’Italia”.

In serata poi, al Tg1, il commento è ancora più forte: “Ha deciso di non onorare la parola data, ha deciso di aiutare la destra”. Ad accogliere a braccia aperte Calenda ci sarebbe adesso Renzi che, incassato l’accordo con la Lista Civica Nazionale di Federico Pizzarotti, sogna il terzo polo. “Ora è il momento della Politica con la P maiuscola. Abbiamo una opportunità straordinaria”, ‘cinguetta’ l’ex premier.

Decisamente fredda invece la reazione di Più Europa, che potrebbe far saltare la federazione con Azione. “Noi cinque giorni fa abbiamo sottoscritto un patto elettorale e di governo con Enrico Letta per proseguire le politiche del governo Draghi. Letta sta rispettando quel patto, lo dobbiamo rispettare anche noi”, evidenzia il segretario Benedetto Della Vedova, che domani alle 18.30 parteciperà alla riunione della direzione.

A ipotizzare un’alleanza Renzi-Calenda c’è Giorgia Meloni, spettatrice del “nuovo colpo di scena nella telenovela del centrosinistra”. “Calenda ci ha ripensato e non si sposa più con Letta, forse scappa con Renzi – afferma la presidente di Fdi -. Letta mollato sull’altare pensa ora al suo vecchio amore, mai dimenticato, Conte. Il gran finale di stagione tra 7 giorni, quando scadrà il termine per la presentazione delle alleanze”.

In realtà l’altro scenario ipotizzato dalla Meloni, un ritorno di fiamma Pd-M5s, è escluso con nettezza da ambo le parti. Conte infatti ‘suggerisce’ al dem di offrire “i collegi che si sono liberati a Di Maio, Tabacci e agli altri alleati”, mentre Letta replica chiudendo ogni discorso: “Lo schema delle alleanze è quello definito”. Sempre che Calenda non decida di cambiare ancora le carte in tavola prima del voto.(LaPresse)

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