Elezioni, i profili dei tre candidati alla cancelleria tedesca

La Germania chiude l’Era Merkel. QOggi i tedeschi andranno alle urne per eleggere il nuovo Bundestag, sceglieranno chi succederà ad Angela Merkel dopo 16 anni al timone del Paese. Il Bundestag, cioè la Camera bassa del Parlamento federale, dovrà poi votare il cancelliere o la cancelliera che guiderà la Germania per i prossimi quattro anni. Di seguito una guida con le principali informazioni sui candidati alla successione.

Olaf Scholz: il ministro delle Finanze e leader Spd.

Olaf Scholz, esponente della Spd di 63 anni è uno dei tre candidati alla cancelleria tedesca. Specializzato in diritto del lavoro, è l’attuale ministro delle Finanze e vice cancelliere, ultimo di una serie di incarichi di vertice. Politico di lunga esperienza, ha uno stile sobrio e senza fronzoli, considerato tipico della sua città natale di Amburgo, dove un tempo lavorava come avvocato. Imperturbabile e incrollabilmente sicuro di sé, non è però un maestro di retorica. Entrato nella Spd da liceale nel 1975, è stato deputato al Bundestag dal 1998 al 2001. Per un turbolento periodo è stato segretario generale dei socialdemocratici all’inizio degli anni Duemila (2002-2004), quando l’allora cancelliere Gerhard Schroeder affrontò dissenso. Scholz ha servito per la prima volta nel governo nazionale dal 2007 al 2009 come ministro del Lavoro, nel primo governo guidato dalla cancelliera Merkel, nel corso della crisi finanziaria globale. È diventato sindaco di Amburgo nel 2011, rimanendo tale fino al 2018, periodo in cui la città ha ospitato il vertice G20 nel 2017, ed è ricordato anche per aver sminuito il rischio di scontri tra dimostranti e polizia, che avvennero. Nel 2018 è diventato vice cancelliere. Si è candidato per la leadership dei socialdemocratici nel 2019, ma è stato bocciato, sconfitto da Norbert Walter-Borjans e Saskia Esken. Come ministro delle Finanze, ha sostenuto la tassazione minima globale di almeno il 15% alle grandi aziende e ha guidato i tentativi di arginare l’impatto finanziario della pandemia. In quest’ultimo ruolo ha finito per avere ampia visibilità, soprattutto grazie ai fondi d’emergenza a sostegno di economia e cittadini. “Questo è il bazooka che serve per farcela”, ha detto mostrandosi fiducioso, “mettiamo sul tavolo tutte le nostre armi per dimostrare che siamo abbastanza forti da superare qualsiasi difficoltà economica che questo problema possa comportare”. Parole molto lontane dai toni con cui era noto in passato, legati all’immagine di burocrate-tecnocrate che gli valse il soprannome ‘Scholzomat’ affibiatogli da Die Zeit (crasi del cognome e della parola Automat, cioè macchina).

Armin Laschet: il governatore che punta a diventare l’erede di Merkel

Armin Laschet 60 anni, uno dei tre candidati alla cancelleria tedesca, è governatore del Land di Renania Settentrionale-Vestfalia, il più popoloso della Germania, dal 2017, quando ha avuto la meglio su un governo di centrosinistra. Spesso i suoi sostenitori sottolineano quel successo, avvenuto in una roccaforte della sinistra. Figlio di genitori di origine vallona, con padre minatore, è cresciuto nella nativa Aquisgrana, al confine con Belgio e Olanda. Crescere nel cuore del continente, dice lui, lo ha reso un fiero europeo. Ha studiato Giurisprudenza a Bonn, poi giornalismo, e per anni ha lavorato per varie testate mentre era anche coinvolto in politica. Ha avuto una carriera politica segnata da alti e bassi, entrando con la Cdu al Parlamento tedesco nel 1994 ma perdendo il seggio nel 1998, quando la Spd vinse le elezioni federali. Dal 1999 al 2005 è stato membro del Parlamento europeo, con posizioni fortemente europeiste, prima di diventare ministro del suo Land per l’integrazione dei migranti, primo ruolo del genere nel Paese. Le sue posizioni erano concentrate sui diritti dei migranti e su politiche di apertura, tanto che si creò vari nemici, anche all’interno del blocco. Ha ottenuto la guida del suo partito in Renania Settentrionale-Vestfalia al secondo tentativo, nel 2012. Le sue posizioni sui migranti lo hanno avvicinato alla cancelliera Merkel soprattutto nel corso della crisi migratoria. Rispetto a lei, è stato in seguito invece più deciso sull’allentamento delle restrizioni legate al Covid-19. Nel 2017 è stato eletto ministro presidente del suo Land. Ha conquistato la presidenza della Cdu a gennaio, sconfiggendo il conservatore Friedrich Merz in una competizione ripetutamente rinviata per la pandemia: un segnale di continuità con la linea della Cdu negli anni di Merkel, su posizioni europeiste e centriste. Ad aprile ha avuto la meglio anche sul governatore bavarese Markus Soeder, che aveva dati migliori nei sondaggi, nel rivendicare la nomination in vista della corsa alla cancelleria, dopo un lungo stallo. Laschet propone di sè un’immagine allegra: spesso è stato visto indossare travestimenti in occasione del Carnevale e lo scorso anno ha vinto il premio ‘Ordine contro la terribile serietà’, consegnato ai personaggi che mostrano senso dell’umorismo. Quella stessa caratteristica, però, non gli ha giovato in occasione degli allagamenti che hanno colpito il Paese a luglio, quando è stato visto ridere sullo sfondo di un discorso solenne dedicato al disastro e alle vittime.

Annalena Baerbock la candidata dei Verdi alla cancelleria

Annalena Baerbock, 40 anni, co-leader dei Verdi con Robert Habeck, è la sfidante più giovane e l’unica senza esperienza di governo nella corsa per la cancelleria in Germania. Quando è stata nominata, ha detto: “Propongo il rinnovamento, gli altri promuovono lo status quo”. Considerata voce pragmatica del partito, vi ha aderito nel 2005, anno dell’arrivo alla cancelleria di Merkel dopo il quale lo schieramento si è evoluto in un partito progressista, oltre che ambientalista, schierandosi su temi che vanno dai diritti civili all’inclusione all’europeismo, con una base di sostegno forte soprattutto nell’elettorato giovane e urbano. Nata nel 1980, stesso anno di fondazione del suo partito, inizialmente movimento di protesta pro-pace e anti-nucleare, Baerbock è cresciuta in Bassa Sassonia, dove con i genitori prendeva parte fin da bambina alle proteste contro armamenti o scorie atomiche. Ha studiato scienze politiche e diritto internazionale ad Amburgo e alla London School of Economics, pochi anni dopo si è trasferita a Berlino ed è stata poi eletta deputata al Parlamento nazionale dal 2013. È diventata portavoce dei Verdi per il cambiamento climatico. Atleta agonista in gioventù nel salto dal trampolino elastico, ha raccontato che lo sport le ha insegnato “il coraggio di spingersi oltre i propri limiti, di provare nuove cose”. Nel 2018 è arrivata alla leadership del partito, tradizionalmente condivisa tra due co-leader: l’altro è Habeck, considerato l’erede del vice cancelliere ed ex ministro Verde Joschka Fischer. I due hanno spiegato di voler superare la ben nota conflittualità interna tra ‘Realos’ (pragmatici) e ‘Fundos’ (fondamentalisti), con l’obiettivo anche di strappare sostegni a Merkel. Con loro, il sostegno ai Verdi è cresciuto fortemente, mentre il partito arrivava al governo di numerosi Laender. Il duo a marzo ha deciso di comune accordo – con uno stile ben diverso dalle diatribe interne agli altri partiti – che Baerbock si sarebbe candidata alla cancelleria. All’inizio della campagna elettorale, quest’anno, Baerbock ha però fatto dei passi falsi: ha dovuto correggere un curriculum, dichiarato tardivamente pagamenti del partito alle autorità parlamentari, ed è stata accusata di aver copiato parti di un nuovo libro (per cui ha negato ogni illecito ma ha sostenuto avrebbe dovuto essere più precisa nella lista delle fonti). Sulla propria inesperienza, ha risposto preventivamente: “La democrazia vive del cambiamento, io rappresento il cambiamento”, “abbiamo il compito di portare il meglio al futuro”.

LaPresse

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