È tempo di elezioni, quindi, di proclami televisivi e del dilagare di one man show pronti a sviscerare ricette salvifiche per cittadini, territori e ambiente. Chi ha governato dirà che le cose buone e giuste sono state più di quelle non risolte, viceversa, l’opposizione griderà che niente o quasi è stato fatto. Copione standard di una “normale” campagna elettorale italiana. Peccato che quasi nessuno basi la sua analisi su cosa effettivamente sia successo all’economia, ai divari territoriali, al debito pubblico, alla spesa della PA. Nessun segnale, non pervenuti, purtroppo. A chiarirci le idee, come sempre, ci pensa lo SVIMEZ, con le previsioni-proiezioni fatte in questo mese di agosto inerenti i rapporti tra Mezzogiorno e centro-nord. Due cose su tutte risultano particolarmente preoccupanti. La prima riguarda l’aumento della spesa della Pubblica Amministrazione, in costante crescita negativa nel quadriennio 2021/2024. Questo significa che le manovre del bilancio dello Stato prevederanno minori entrate e maggiori spese. In sostanza, si allarga la forbice tra quanto si incassa e quanto si spende. In una sola parola: continuerà a salire il debito pubblico. Ma meglio non dirlo, anzi meglio dire che, nonostante le difficoltà, questo sia diminuito (in tv non vi è mai una controprova a quello che viene detto). Ovviamente, l’aumento del debito pubblico del nostro paese ha riguardato sia i Governi Conte 1 e 2 che il Governo dei “migliori” del primo ministro Mario Draghi. Perciò si capisce bene che la maggior parte dei proclami avanzati dai politici, tanto di destra quanto di sinistra, non potranno avere la benché minima copertura finanziaria, poiché non sono sicuri nemmeno quella pletora di incentivi, bonus e agevolazioni, concessi alle famiglie e alle imprese più esposte alla crisi.
Chi beneficerà della maggiore “espansione” del bilancio dello Stato? Una spesa complessiva tra il 70% e l’80% andrà al centro-nord, la restante (più che minima) al Sud. Come sempre e più di sempre. La seconda riguarda ancora il Mezzogiorno.
Il Ministero dell’Economia e delle Finanze, nell’ottica di un risparmio, ha pensato di sottrarre un miliardo l’anno per un triennio, al Fondo Sviluppo e Coesione. Detto fondo, per legge dello Stato, garantisce l’80% alle regioni meridionali ed il restante 20% a quelle del centro-nord. Proprio perché si pone nell’ottica di recuperare gli “squilibri economici e sociali” tra le due aree del paese.
Quindi la riflessione da fare rimane questa: lo Stato italiano per far fronte alle emergenze nazionali ed internazionali (Covid, guerra, inflazione, siccità) è costretto ad indebitarsi di più. Lo fa in un’ottica espansiva per contrastare le “rigidità” imposte da quei programmi di emergenza, al fine di non mandare in bancarotta le imprese e i cittadini. Ma non opera secondo quella legge che contestualmente dice di far recuperare gli indici economici e sociali ad una parte del paese, cioè al Sud. Al contrario, avvantaggia il Nord, perseguendo lo schema classico di sempre, in nome del pensiero di sempre: prima l’Italia di su. Questi politici, oltre a non leggere questi dati, e quindi a non permettere di farne strumento di esercizio di equa distribuzione per l’intero stivale, spesso sono anche in mala fede perché si accreditano per cose irrealizzabili, vista la reale situazione del paese che loro stessi hanno contribuito a creare. Forse almeno in questo occorrerebbe verità, rispetto, trasparenza. Quell’agire pubblico che torni ad essere politica della e per la gente, con una programmazione seria, distribuente e senza più fake news, oggi tanto di moda.