Eurozona, Osservatorio monetario: “Politica verso la normalizzazione”

"Un miglioramento delle condizioni macroeconomiche dal lato dell’offerta".

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“Un miglioramento delle condizioni macroeconomiche dal lato dell’offerta. I prezzi dell’energia e delle materie prime stanno calando rispetto ai picchi estivi. Il funzionamento delle catene del valore è migliorato rispetto alla fase più acuta delle strozzature legate all’uscita dalla pandemia”. Sono i temi su cui Angelo Baglioni, docente dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, riflette nell’ introduzione al nuovo numero dell’ ‘Osservatorio Monetario’. Si tratta del rapporto quadrimestrale che analizza il quadro macroeconomico nazionale e internazionale, diretto dal professor Baglioni ( https://www.assbb.it/osservatorio-monetario-3-2022/),uscito in questi giorni.

Ne emerge che “l’assetto operativo della politica monetaria nell’area euro sta evolvendo verso un new normal, nel quale l’obiettivo operativo è il livello dei tassi di interesse a breve termine e il mercato monetario continua a presentare un eccesso strutturale di riserve. In questo nuovo assetto, – spiega Baglioni – il tasso di policy rilevante non è più quello sulle operazioni di rifinanziamento principali, ma quello sulla deposit facility. Per il docente della Cattolica “una fase, come quella attuale, di rialzo dei tassi di interesse è importante tenere sotto controllo i rischi di frammentazione tra i paesi della zona euro”.

La svolta di politica monetaria della Bce, con la fine del QE e l’aumento dei tassi di policy, si giustifica con la necessità di ancorare le aspettative d’inflazione all’obiettivo del 2%. Tuttavia, l’abbandono della forward guidance e il passaggio all’approccio meeting-by-meeting privano la Bce di uno strumento utile per guidare le aspettative: questo potrebbe rendere più costoso il processo di disinflazione.

Indicatori di mercato finanziario – fa notare Baglioni- segnalano che le banche centrali sono, per ora, riuscite a contenere le aspettative inflazionistiche: l’obiettivo del 2% è ancora credibile nel medio termine. La dinamica dei salari resta moderata in molti paesi: ciò comporta una riduzione del reddito reale ma limita i rischi di propagazione dell’inflazione. Con il passare dei mesi, le preoccupazioni relative all’inflazione lasciano il posto a quelle dovute al rallentamento dell’economia, soprattutto in Europa. Le previsioni per il 2023 sono state generalmente riviste al ribasso e indicano una sostanziale stagnazione. Rispetto alla crisi pandemica, i margini di manovra per attuare politiche espansive sono molto inferiori, per la politica monetaria e anche fiscale.

Tutti i governi europei mantengono una impostazione prudente nella gestione della finanza pubblica: i saldi di bilancio indicati a ottobre ribadiscono i target stabili nella scorsa primavera, pur in un quadro macro nettamente peggiorato e nonostante la necessità di venire incontro alle famiglie più deboli e alle imprese (almeno quelle energivore) di fronte al caro-energia.

La discesa dei prezzi del gas avvenuta da settembre in poi è dovuta ad un parziale cambio di aspettative nel mercato. Da una condizione di elevato rischio di razionamento si è passati ad uno scenario meno drammatico grazie agli stoccaggi pieni, alle temperature miti del bimestre settembre-ottobre, e di un effetto di prezzo che, seppure con un ritardo comprensibile trattandosi di un bene di prima necessità, ha cominciato a manifestarsi: la domanda interna di gas per uso industriale e civile si è ridotta nei mesi recenti. Il calo del prezzo del gas è stato favorito anche dalla strategia di diversificazione degli approvvigionamenti dei paesi europei. D’altra parte, rimane elevata la domanda di gas da parte del comparto termoelettrico.

Negli scorsi anni, le banche europee hanno reagito al contesto sfavorevole, in relazione al livello dei tassi d’interesse, con un generalizzato spostamento verso i ricavi da commissioni. Nel 2022, l’aumento dei tassi ha determinato un recupero della redditività del settore bancario trainata dal margine di interesse. Tuttavia, la combinazione di inflazione, misure di politica monetaria e rallentamento economico fanno ritenere che accanto a elementi che influenzano positivamente il margine di interesse, e la redditività complessiva, ne esistono altri con impatto negativo. Per quello che riguarda il rischio di mercato, l’aumento dei tassi di interesse avrà un impatto negativo, via effetto sul valore del portafoglio titoli, sul valore economico del capitale. Una stima sui rapporti di Terzo Pilastro (a fine 2021) evidenzia un maggior contributo dell’effetto positivo (sul margine di interesse) dell’aumento dei tassi rispetto all’effetto negativo (sul valore dei titoli in portafoglio). Sul rischio di credito, un’analisi su alcuni indicatori di bilancio 2018-2021 di un ampio campione di imprese, oltre a confermare il non grave peggioramento nel periodo post-Covid (da ricondurre in gran parte al sostegno governativo) mostra per l’anno in corso una situazione non sfavorevole in termini di diffusione del numero di imprese con indicatori di tensione o di criticità.

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