Ex Ilva, il Consiglio di Stato: nessun pericolo per la comunità. Il sindaco: “La palla passa alla politica”

Per il sindaco di Taranto, Rinaldo Melucci, nessuna sorpresa: "Oggi nessuno può sentirsi assolto, la palla passa alla politica e al governo", dice

Stabilimento siderurgico dell'Ilva a Taranto
Foto Vincenzo Livieri - LaPresse

TARANTO – Nessun pericolo per la comunità tarantina, nessun aggravamento della situazione sanitaria. Non per il Consiglio di Stato che, con sentenza pubblicata oggi, ha ribaltato quella del Tar di Lecce del 13 febbraio, annullando il provvedimento con cui il sindaco di Taranto il 27 febbraio 2020 aveva ordinato a gestore e proprietario dell’ex Ilva di individuare entro 60 giorni gli impianti interessati da emissioni inquinanti per rimuoverne le criticità. In caso contrario, lo spegnimento dell’area a caldo.

Nessuno stop

Nessuno stop, invece. In 62 pagine i giudici della Quarta sezione spiegano per quale motivo, all’esito dell’udienza del 13 maggio, hanno accolto il ricorso di ArcelorMittal e l’appello incidentale di Ilva in As. Dichiarato improcedibile, inoltre, quello incidentale del ministero della Transizione ecologica per sopravvenuta carenza di interesse.

La decisione scaturisce dal fatto che l’ordinanza del sindaco, esperibile in astratto, non lo è nel caso concreto: mancano i presupposti di necessità e urgenza, per questo è “illegittima”, “non suffragata da adeguata istruttoria e viziata da contraddittorietà e difetto di motivazione”.

Le motivazioni

“Nelle motivazioni dell’ordinanza contingibile e urgente – spiegano – non sono stati rappresentati fatti, elementi o circostanze tali da evidenziare e provare adeguatamente che il pericolo di reiterazione degli eventi emissivi fosse talmente imminente da giustificare” il provvedimento “oppure che il pericolo paventato comportasse un aggravamento della situazione sanitaria Taranto, tale da dover intervenire senza attendere la realizzazione delle migliorie secondo la tempistica prefissata”.

In particolare, “l’istruttoria procedimentale e quella processuale non evidenziano un pericolo ulteriore rispetto a quello ordinariamente collegato allo svolgimento dell’attività produttiva dello stabilimento e gestito attraverso la disciplina dell’Aia (autorizzazione integrata ambientale, ndr)”.

La problematica sanitaria e ambientale

Vero è, ricordano i giudici, che a Taranto c’è una “problematica sanitaria e ambientale, correlata all’attività industriale (anche) dell’ex Ilva”: “è oramai un fatto che può reputarsi pacifico ai fini processuali”. Guardando alla situazione attuale, le “misure previste dal piano (della società, ndr) risultano in corso di realizzazione e non emergono particolari ritardi o inadempimenti”.

L’anticipazione dell’adozione dei filtri a maniche emersa nelle udienze, “non risulta coercibile mediante l’adozione di provvedimenti paralleli”. “Tale anticipazione – scrivono i giudici – potrà avvenire solo con ulteriore impegno assunto volontariamente dal gestore, in una prospettiva di pacificazione della complessa situazione sociale venutasi a creare a causa del problema di lungo corso che affligge la città di Taranto, e che tuttavia non esonera il giudicante dal dovere di valutare l’operato dei soggetti pubblici”.

Per il sindaco di Taranto, Rinaldo Melucci, nessuna sorpresa: “Oggi nessuno può sentirsi assolto, la palla passa alla politica e al governo”, dice. “Con l’ordinanza ho chiamato lo Stato alle sue responsabilità. La battaglia continua finché non ci sarà l’accordo di programma per la chiusura dell’area caldo”.

(LaPresse/di Stefania De Cristofaro)

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