Ex Ilva, spiragli per il preaccordo entro venerdì, apertura Mittal. Nodo esuberi

ROMA – Rush finale per le sorti dell’Ex Ilva di Taranto. Dopo l’incontro a Londra tra il premier Giuseppe Conte e Lakshmi Mittal, presidente e ceo di ArcelorMittal, si intravedono segnali positivi in vista di un preaccordo tra le due parti. Il tempo infatti stringe: il 7 febbraio è in programma l’udienza sul ricorso presentato dai commissari contro il recesso della multinazionale dalla gestione del sito di Taranto. In pratica ci sono meno di 48 per trovare dei punti di intesa per confermare il piano industriale siglato a Milano il 20 dicembre scorso.

La quadra “è possibile che possa arrivare entro giovedì”, hanno spiegato fonti sindacali, aggiungendo come solo in un secondo tempo la trattativa proseguirà “per i necessari approfondimenti”. Proprio le parti sociali hanno incontrato a Taranto l’ad di Am Italia Lucia Morselli. L’esito? Incoraggiante, visto che per il colosso franco-indiano c’è “l’assoluta volontà di rimanere” e si sta “lavorando per trovare un accordo tra le parti”.

Dal canto loro Fim, Fiom e Uilm hanno ribadito la propria contrarietà ad una trattativa che, di fatto, ha escluso le organizzazioni sindacali, ma in Puglia l’impressione è che qualcosa si sia mosso. Di sicuro ha pesato molto sul negoziato, che non si è mai interrotto a livello di sherpa, il faccia a faccia Conte-Mittal nel Regno Unito. “Ho incontrato i Mittal per rilanciare gli obiettivi posti a base del negoziato in corso tra le parti, confidando di giungere ad un accordo in vista della prossima udienza fissata a Milano il 7 febbraio”, ha spiegato il premier, da sempre in prima fila per risolvere il risiko pugliese che vale oltre 15mila dipendenti e una fetta fondamentale della nostra industria pesante. E se fonti del Mise spiegano come i legali di ArcelorMittal “hanno fatto tre passi indietro rispetto alle loro posizioni iniziali”, rimane da capire cosa ci sarà in questo preaccordo 2.0.

Secondo le ultime indiscrezioni, il piano del Governo prevederebbe un ingresso pubblico al 40%, con la partecipazione di Invitalia, assieme ad altri nomi italiani; ai Mittal resterebbe una parte residuale. L’idea è quella usare anche i fondi” per la transizione messi a disposizione dall’Ue. Su queste risorse, chiamate ‘Transition Fund’, Conte si è già confrontato con la presidente della Commissione europea, Ursula Von der Leyen.

Gli esuberi rimangono ancora un territorio molto accidentato

L’azienda insiste per avere il via libera per 3mila tagli, mentre l’esecutivo fa muro, puntando su 2mila uscite congiunturali e confermando la propria disponibilità a stanziare risorse per la cassa integrazione per tre anni. Il cavillo sarebbe legato ad un emendamento del Milleproroghe, che prevede “la continuità del sostegno al reddito in favore dei lavoratori dipendenti delle aziende del Gruppo Ilva in Amministrazione straordinaria, già previsto per l’anno 2017, anche ai fini della formazione professionale per la gestione delle bonifiche”. Per la Cigs il limite di spesa 2020 è ampliato fino a 19 milioni.

Nel business plan post-2023 devono anche essere inseriti i nuovi altoforni elettrici, impianti eco-sostenibili ma molto costosi e per i quali i Mittal si aspettano fondi dallo Stato. Dettagli non da poco, ma tutto sarà definito dopo il nuovo pre-accordo: prima va scongiurata la battaglia legale, che bloccherebbe di fatto produzione e minerebbe i rapporti tra esecutivo e azienda. (AWE/LaPresse)

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