Fisco, Confindustria spinge sul taglio del cuneo fiscale: per Bonomi ‘si faccia lunedì’

Seguendo la giornata conclusiva del convegno nazionale dei giovani imprenditori di Confindustria, si esce con l'impressione di avere il taglio del cuneo fiscale all'orizzonte, priorità politica ed economica tanto del mondo produttivo quanto di quello politico.

Foto LaPresse Nella foto: Carlo Bonomi

RAPALLO – Seguendo la giornata conclusiva del convegno nazionale dei giovani imprenditori di Confindustria, si esce con l’impressione di avere il taglio del cuneo fiscale all’orizzonte, priorità politica ed economica tanto del mondo produttivo quanto di quello politico. Carlo Bonomi, numero uno di viale dell’Astronomia, lo ha ribadito alla platea dopo aver ascoltato le interviste a Enrico Letta, Matteo Salvini e Matteo Renzi sul palco di Rapallo, dove si è molto parlato di globalizzazione ed effetti ma altrettanto di politica nazionale: appunto taglio del cuneo, salario minimo e il vituperato Reddito di cittadinanza.

“Tutti oggi hanno affermato che vogliono il taglio del cuneo”, ha osservato Bonomi, subito aggiungendo “io sono contento”, concordia che l’ha spinto ad affermare che “lunedì finalmente mi aspetto che questa cosa venga fatta. Non perché è una proposta di Confindustria, ma perché vuole mettere i soldi in tasca agli italiani”. Lo aveva chiesto ieri il presidente dei giovani imprenditori, Riccardo Di Stefano, fissando a “16 miliardi di euro” il taglio strutturale che “continua a essere la strada maestra”. Bonomi, oltre a esortare il Parlamento a muoversi velocemente sul taglio del cuneo, ha incalzato la classe politica a mettere in atto riforme in grado di rendere “competitivo strutturalmente e definitivamente il nostro Paese. Quelle riforme che aspettiamo a 20-30 anni, che in questo paese non sono state fatte perché si diceva che non c’erano le risorse per farle. Oggi questa scusa non c’è più, le risorse ci sono, le riforme vanno fatte. Vanno fatte per rendere il paese più moderno, efficiente, inclusivo, sostenibile”. Andando oltre i bonus approvati senza “interventi strutturali”, che hanno dato vita a “interventi a pioggia e peraltro cumulabili. Così si favorisce il 50% della popolazione anziché quel 10% che ha veramente bisogno e questo perché manca un ‘anagrafe sociale nazionale e locale che stabilisca di davvero ne avrebbe bisogno”.

Sulla soglia dell’hotel Excelsior, ai cronisti il segretario del Pd Enrico Letta ha proposto di costruire la legge di bilancio di quest’anno “attorno a una grande riduzione delle tasse sul lavoro che per noi è la grande priorità che ha effetto sui consumi, sulla competitività delle imprese”, mettendola nel mirino dell’attività di maggioranza con l’obiettivo di “combattere gli effetti dell’inflazione, che è la tassa più disuguale ed è ciò che rischia di mettere in grave difficoltà il nostro Paese”. Letta ricorda di aver “chiesto al Governo non solo di monitorare” la situazione dei rincari energetici, “ma di essere in grado di reintervenire appena sarà necessario farlo” per “aiutare famiglie e imprese”.

Salvini, interpellato sulle dichiarazioni di Letta, ha detto di essere dai giovani imprenditori di Confindustria per “parlare di lavoro, di aumento di stipendi e delle pensioni, blocco del prezzo della benzina, della luce e del gas”, lasciando intendere di non volersi occupare delle polemiche e delle questioni politiche più vicine al centrosinistra. Si è però detto “assolutamente d’accordo” sulle proposte del Pd in fatto di taglio del cuneo fiscale, rilanciando: “Io aggiungo la pace fiscale, un patto fiscale tra cittadini, Equitalia e Agenzia delle Entrate perché ci sono 15 milioni di italiani in ostaggio dell’Agenzia delle Entrate e di Equitalia che dopo due anni di pandemia e con una guerra in corso non ce la fanno”. Il segretario della Lega esorta la maggioranza a fare tutto il possibile per aumentare gli stipendi, sicuramente non però cambiando le regole in corsa”. Il rischio, altrimenti, è di ripetere quanto accaduto al “bonus 110 per cento: non puoi approvare una legge finanziaria e poi a metà strada dire alle imprese che quei soldi non ci sono più, sicuramente la parola data va mantenuta fino in fondo altrimenti rischiano di fallire migliaia di imprese”.

Renzi ha rivendicato l’operato di quando era presidente del Consiglio, affermando che “tutti parlano, quando è toccato a noi l’abbiamo fatto. Quando noi siamo stati al governo sono arrivati gli ottanta euro, è arrivata l’abolizione dell’IRAP componente costo del lavoro oltre ad altre misure”. Dopo aver ripercorso le misure del suo governo, ha detto che “sarebbe interessante chiedere a tutti quelli che fanno promesse cos’hanno fatto prima. Salvini con Quota 100 ha distrutto un pezzo di economia, Conte l’ha distrutta tutta col Reddito di cittadinanza”. Dal canto suo, il presidente del M5S in collegamento ha dichiarato: “Il reddito di cittadinanza non può essere lo strumento privilegiato per perseguire politiche attive sul lavoro. Detto questo, credo che ogni riforma deve avere periodicamente un tagliando”. Aggiungendo poi che “forse non ci si rende conto che se non avessimo avuto il Rdc negli anni della pandemia e di questa emergenza nel Paese adesso ci sarebbe una guerra sociale in atto. Chi oggi, molto irresponsabilmente, vorrebbe cancellare con un tratto di matita questa riforma si assume una grande responsabilità”. Letta sul tema ha spiegato che “nel nostro Paese esiste un’importante parte della popolazione che non ce la fa ed è interesse di tutti aiutarla ma non deve essere confusa questa scelta con le politiche lavorative che devono essere politiche incentivanti”. Per Renzi, che sul tema del lavoro si dice pronto a “fare una battaglia elettorale”, ha aggiunto che è “una vergogna che questo Paese che è una repubblica democratica fondata sul lavoro vada avanti sui sussidi”, raccogliendo applausi in sala.

dell’inviato Andrea Ciociola

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